Coronavirus, ecco Primiana, l'infermiera con lo scafandro: «Seguo 100 malati ogni giorno»

PORTO SANT’ELPIDIO - I sorrisi ci sono ma restano nascosti dietro le mascherine, chi ne ha bisogno non li vede. Eppure medici e infermieri in trincea si ostinano a...

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PORTO SANT’ELPIDIO - I sorrisi ci sono ma restano nascosti dietro le mascherine, chi ne ha bisogno non li vede. Eppure medici e infermieri in trincea si ostinano a sorridere. Vanno oltre al lavoro per parlare al cuore dei pazienti in attesa dei risultati dei tamponi. Come procede la vita in trincea, alla piattaforma Coronavirus del Torrette di Ancona ce lo racconta Primiana Di Lella, 36 anni, infermiera di Porto Sant’Elpidio. Sveglia alle 4.30, alle 6 comincia indossando lo scafandro: camice impermeabile, mascherina, occhiali ben aderenti al volto, copricapo, copri scarpe, due paia di guanti, sotto il più lungo e sopra il più corto da cambiare spesso. Niente deve rimanere scoperto, neanche i polsi.


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Finito di vestirsi l’ingresso in corsia per le 8 ore di fila di lavoro tra corridoi e barelle. Quello che in molti si ostinano a definire una brutta influenza è un virus che miete vittime tra anziani, immunodepressi, affetti da patologie che potevano essere curate, se non fosse subentrata la polmonite interstiziale bilaterale. Difficili da immaginare le difficoltà di medici e infermieri costretti a confrontarsi con la peste gialla. Non è facile essere a proprio agio tra sguardi spauriti, colpi di tosse secca, gente in affanno che arriva da tutte le Marche. Fino a una settimana fa la situazione era sotto controllo, poi il delirio. Primiana avrebbe dovuto smaltire le ferie questo mese ma l’hanno fatta rientrare e a lei va bene così. Laureata ad Ancona, con un master in area critica, ha cominciato in rianimazione clinica nel 2013 e dal 2016 è al pronto soccorso dell’ospedale. La piattaforma alla quale è assegnata è all’interno del pronto soccorso, prima della sala di emergenza. C’è una sola porta in entrata e una sola porta in uscita. Si tratta di controllare circa cento persone al giorno
 
«non sappiamo se sono positivi o negativi, la situazione cambia di continuo, arrivano febbricitanti, domandiamo se si sono rivolti al medico di famiglia prima di venire e cosa li ha spinti, le risposte sono le più disparate - dice Primiana -: da giorni riceviamo persone che non sanno da chi siano state infettate, dicono di non essere entrate in contatto con nessuno, stanno bene all’apparenza. Siamo arrivati a sorprenderci dei pochi tamponi che sono risultati negativi». Le preoccupazioni maggiori sono per chi non riesce a respirare e deve essere attaccato al ventilatore: «Le rianimazioni e le malattie infettive sono piene, siamo al limite, non sappiamo dove mettere la gente. C’è stata un’impennata, abbiamo 30 positivi da un giorno all’altro. Alcuni di noi sono malati, ci sono colleghi in quarantena, quando abbiamo saputo di essere entrati in contatto con il primo caso è stata per tutti noi una doccia gelata».
Gli specialisti

Per rimpolpare le fila dei camici bianchi stanno arrivando specialisti tipo ortopedici, cardiologi, un po’ di tutto. Mentre i pazienti in attesa del tampone «sono al cellulare, cercano di distrarsi, li guardo e sorrido ma non possono vedermi». Ogni tanto una bella notizia: la pizzeria porta da mangiare gratis, la pescheria regala copricapi e copriscarpe, la pasticceria porta dolci e le paste del bar di Porto Sant’Elpidio sono assicurate dalla sorella dell’infermiera: «Sono gesti che commuovono, ne abbiamo bisogno perché la vita in corsia distrugge. Siamo provati, disidratati. Torno a casa e non voglio parlare, mio marito capisce, mi fa trovare tutto pronto e mi prepara le cose per il giorno dopo».
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Corriere Adriatico