Pochi medici, scintille sul numero chiuso: «Ora bisogna pensare all’area montana»

Pochi medici, scintille sul numero chiuso: «Ora bisogna pensare all’area montana»
AMANDOLA  - L’emergenza è grave per i piccoli Comuni dell’area montana e dell’entroterra. Mancano medici di famiglia. Il problema si gonfierà enormemente entro i prossimi...

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AMANDOLA  - L’emergenza è grave per i piccoli Comuni dell’area montana e dell’entroterra. Mancano medici di famiglia. Il problema si gonfierà enormemente entro i prossimi 3 anni quando molti degli attuali professionisti lasceranno per la pensione. Scarsità anche di medici per la continuità assistenziale (guardia medica).

 


E quando si tratta di scegliere, con più opzioni a disposizione, nessuno vuole andare a far servizio in montagna. Problematiche già sollevate dai sindaci del territorio. Quindi la giunta comunale di Amandola, guidata da Adolfo Marinangeli, ha approvato una delibera, inviata al ministero della Salute, dove si chiede l’abolizione del numero chiuso «soprattutto per i giovani residenti da almeno 5 anni nei Comuni montani con meno di 5000 abitanti». Una richiesta mirata ai territori più disagiati, se non sia possibile in generale.

«Non si può più attendere – spiega il sindaco – è necessario fare questo passo per salvaguardare la sanità. Snellendo il sistema universitario per i corsi di laurea in Medicina, avremo più medici pronti ad intervenire su questi territori e per la guardia medica. Sindaci e cittadini dei piccoli Comuni, specialmente montani, devono far fronte alla mancanza di una figura sanitaria come il medico di famiglia e sono costretti a spostarsi fuori dalle loro zone, fare anche molti km, per ricevere cure adeguate, senza poter scegliere. Stesso problema per la guardia medica. Nell’Alto Fermano un servizio di questo tipo o è assente o spesso viene del tutto sospeso senza specificare per quanto tempo». Sulla proposta fa muro però il sindacato dei medici Anaao Assomed Marche.

«Non sono i laureati che mancano ma i medici specializzati – dice – e togliere il numero chiuso sarebbe solo un’occasione di finanziamento, considerando che mentre gli universitari pagano le tasse per il percorso di studi, gli specializzandi devono essere remunerati, circa 1.500 euro al mese, attraverso borse di studio messe a disposizione dal pubblico. Il punto nodale è sempre stato quello della reale volontà di investire nella sanità pubblica. Il finanziamento delle borse di specializzazione, per anni, nelle Marche, è stato sottodimensionato rispetto alle necessità, soprattutto in alcune specialistiche. Senza numero chiuso uscirebbero laureati che, pur essendo medici, non troverebbero posti nelle scuole di specializzazione e non potrebbero mai trovare un lavoro stabile, senza considerare la qualità del percorso formativo che non può reggere un’impennata di studenti, perché va accompagnato per mantenere alti gli standard qualitativi del servizio sanitario pubblico in Italia».


L’Area vasta 4 a cui si riferisce Amandola – conclude l’Anaao - soffre di carenze di personale significative come in altri territori, e su questo si deve trovare soluzioni che siano sostenibili e praticabili». Su queste ultime sarebbe interessante conoscere però le proposte dell’Anaao Marche per i territori più disagiati, che reclamano soluzioni. Ora e per il futuro prossimo.

 

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Corriere Adriatico