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Alleggeriamo un po’ dai, ché il periodo è pesante e son due anni che va così, fra i su e giù della curva contagi. Alleggeriamo analizzando il remake di “The Terminal” che sta andando in scena in quel di Melbourne. “The Terminal”: Tom Hanks bloccato in aeroporto in quanto non in regola con i documenti. Anche quella una storia vera fra l’altro, Spielberg e i suoi sceneggiatori inventarono giusto i dettagli. Il protagonista della versione australiana è Novak Djokovic, sui social ribattezzato Novax Djocovid. Dilunghiamoci un po’ sulla trama, non lo faccio mai quando recensisco un film, non si svelano le sorprese, ma su ciò che sta accadendo all’altro capo del mondo i media ci informano minuto per minuto e però non mi sembra che alcuni particolari niente affatto trascurabili siano stati messi bene a fuoco da tutti. Dunque, il 4 gennaio Djokovic si imbarca per Melbourne. Va a giocare l’Australian Open, primo torneo del Grande Slam. In teoria, in quanto non vaccinato, non potrebbe entrare nel Paese. Il campione annuncia tuttavia di aver ottenuto una esenzione dalla profilassi, gliel’hanno concessa la Federtennis australiana e lo stato di Victoria di cui Melbourne è capitale. Il direttore del torneo conferma: Djokovic ha presentato richiesta di esenzione (e non è stato l’unico), la domanda è stata esaminata scrupolosamente e accolta (la maggior parte delle altre sarebbero state respinte, l’elenco dei vaccini esentati per ora non è noto). Tutto a posto? Manco per niente. All’arrivo Djokovic viene prelevato dalle forze dell’ordine, inviate dal ministro degli Interni per dissipare ogni sospetto di favoritismo: gli australiani han sopportato restrizioni più pesanti delle nostre e le elezioni incombono, non è il caso di irritarli. Quindi lo chiudono in una stanza senza cellulare, piantonato come fosse un pericolo pubblico. Infine lo interrogano - 5 ore o forse 7, chi lo sa, ho letto di tutto - intorno alla famigerata esenzione: motivata da cosa? Le giustificazioni addotte non sono state ritenute sufficienti, Djocovid respinto con perdite. Avendo presentato ricorso non è stato ancora espulso (è in quarantena in un albergo di Melbourne con il suo staff), ma non è neanche sicuro che il giudice si pronuncerà prima dell’inizio del torneo: game over probabilmente, insomma. Chi ha l’indignazione facile non ha perso l’occasione di indignarsi contro il campione, a me sembra una storia molto divertente. Imparentata, più ancora che con il film di Spielberg, con la commedia all’italiana. Con la realtà italiana. Mentre Djokovic veniva torchiato le 5 ore o le 7, è andato in scena un vertiginoso scaricabarile fra la premier dello Stato di Victoria Jacinta Allan e la Federtennis e il direttore del torneo, con contorno di una smagliante dichiarazione pilatesca del capo del governo centrale Scott Morrison (subito ritrattata peraltro, e del resto se il tuo ministro degli Interni manda gli agenti non puoi chiamarti fuori, su).
*Opinionista e critico cinematografico
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Corriere Adriatico