Disprezzo della cosa pubblica tra i nuovi vandali e il degrado

Disprezzo della cosa pubblica tra i nuovi vandali e il degrado
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Prima pagina del Corriere di martedì 29 ottobre, edizione del capoluogo. “Ma com’è ridotto il Corso? Tour tra vandali e degrado”. Getto la rete, pesco in altri numeri del giornale, in differenti province. 25 settembre: “Pesaro, si ricorre al Daspo urbano contro il degrado delle aree urbane”. 25 ottobre: “Ascoli, ora i ladri rubano pure pietre del Duecento in pieno centro” (dal suggestivo Rrete a li Mierghie). Potrei andare avanti un pezzo, sono innumerevoli gli articoli che dedichiamo al fenomeno ogni anno. Gli interventi delle varie amministrazioni per contrastarlo producono effetti di breve durata. Forse allora sarebbe saggio cambiare approccio. Venirci a patti con il degrado. E metterlo a reddito. Proponendolo ai turisti, accanto alle nostre bellezze. Lo squallore ha i suoi estimatori, lo sappiamo. Si pensi ai pellegrinaggi nei luoghi di delitti efferati o fra le macerie d’una città ferita dal terremoto, per conferma chiedere agli aquilani. Qualche idea allora, ché la bruttezza ordinaria bisogna infiocchettarla per bene sennò non conquista. Tocca spremersi le meningi, fate uno sforzo anche voi. 1) Le antiche rovine piacciono da morire. Tutte, mica solo il Colosseo o l’Acropoli d’Atene. Qualsiasi sbrecciatissimo frammento di muro della più miserabile casupola romana scatena entusiasmi irrefrenabili (e per il sottoscritto incomprensibili, vabbè). Anche un mezzo pitale “con tracce”. Mano sul fuoco che un bel percorso guidato fra le rovine moderne - strutture diroccate non mancano in ogni città - otterrebbe altrettanto successo o quasi. Un po’ vantandomene ricordo che lanciai già la proposta un anno fa o forse più. Mi chiedo perché non sia ancora stata raccolta. Le muffe non mai catalogate e gli animali sorprendenti rinvenibili (la mano di nuovo sul fuoco) negli ex cinema giacenti da un decennio e passa in perfetto abbandono richiamerebbero inoltre dalle nostre parti naturalisti di tutto il mondo. 2) Le discariche abusive, basta ostinarsi a rimuoverle. In pochi giorni rinascono. Le si censisca piuttosto. Attentamente se ne controlli la crescita. Di ognuna si studi la composizione, son mica tutte uguali le discariche abusive. Per ognuna si rediga un catalogo come di mostra, semestralmente aggiornato. «Nella discarica abusiva di via Pinco Pallo si può ammirare un copiosa collezione di materassi sfondati e vari mobili anni Settanta e Ottanta fatti a pezzi con non trascurabile perizia». «Nella d.a. di largo Sempronio spiccano la rugginosa carcassa d’un Ciao Piaggio ex rosso - ammirate le minuscole tracce di vernice non ancora vinte dalla crudeltà del tempo - e una del pari rugginosa lavatrice instancabile sentinella, l’unico occhio gigantesco sempre spalancato». 3) E perché insistere nel cancellare da panchine, palazzi e monumenti gli sgorbi di qualche bombolettaro fallito (graffitari ce n’è di bravissimi, ma i più produttivi son gli altri) e i “Genoveffa, sono pazzo di te” d’un ragazzo che il suo amore doveva assolutissimamente comunicare al mondo intero non trovando il coraggio di dichiararsi a lei (che peraltro lo schifa proprio). Si scovi invece un critico beffardo dadaista, lo si inviti a riflettere su sgorbi e scritte. Dietro congruo compenso, comporrà, vedrete, un ponderoso saggio battezzante due nuovissime correnti artistiche. Lo sgorbismo e il frasismo. Ed ecco gente, da ogni dove giunta, accalcarsi e commentare: «Quanto è emozionante questo “Juve merda”! Il tratto tremolante della “v”, della “e”, in parte anche della “m” comunica la rabbia che sopraffece l’artista, poi capace di riprendere il controllo di sé con straordinaria forza di volontà». 4) Continuate pure a ripulire il litorale. Ma non sarebbe bene lordarne sul serio alcuni (brevi) tratti utilizzando il materiale raccolto? Le nostre spiagge, di velluto o meno, sono ben note (e indiscutibilmente apprezzate, ok). La “spiaggia totalmente lercia”, distesa ininterrotta di plastica, mozziconi, monnezza d’ogni sorta, sarebbe una assoluta novità. In questo caso, non me la sento di scommettere sul successo dell’iniziativa. So che non in pochissimi meriterebbero di trascorrere un giorno di ferie su una spiaggia cosi. Tutti quelli per cui la cosa pubblica è «cosa che non me ne importa niente».


*Opinionista e critico cinematografico
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Corriere Adriatico