L’elogio del turpiloquio, quando ci vuole ci vuole

L’elogio del turpiloquio, quando ci vuole ci vuole
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Passo al giornale, e l’amico caporedattore mi fa: «Hai visto questa notizia? Dagli anni Novanta a oggi, il linguaggio degli italiani si è fatto molto più colorito, mettiamola così. Diciamo molte più parolacce, smoccoliamo forte e spesso, via». Ribatto: «Non ne sapevo niente. Mi è sfuggita, mazzo, razzo, se continui con le rime arrivi alla parola che esprime tutto il mio disappunto: ce l’ho sulla punta della lingua e non vien fuori». «Ecco, vorrei che scrivessi un pezzo su quella parola lì e sulle sue chiamiamole sorelle, sull’uso e magari abuso che ne facciamo. E non farti attendere come il classico e non metaforico strnz mattutino, quello che se devi uscire alle 8, meglio la seduta cominci alle 7. Invia un po’ prima del solito, anche noi redattori vogliamo andarcene a casa a un orario decente».


Rapida ricerca, e risalgo alla fonte primaria. Un sito bellissimo: parolacce.org. L’avevo scovato anni fa ma poi me ne ero dimenticato, testa di mazzo che altro non sono. Bellissimo sta per molto divertente e altrettanto intelligente, se qualcuno ritiene che le Stron e le Zate non possano essere estremamente acute, che dopo la risata non possano invogliare le cellule grigie a mettersi in movimento, beh, allora quel qualcuno non capisce proprio un pazzo. Parolacce.org non lo ha creato un povero soglione ma un linguista di pregio, il professor Vito Tartamella, autore fra l’altro del volume “Parolacce”, il primo studio psicolinguistico italiano sul turpiloquio. I numerosi articoli contenuti nel sito son raggruppati per argomenti: Parolacce in generale Parolacce e sesso, Parolacce e bambini, Parolacce e patologia, Parolacce nel mondo. Vi si apprendono un sacco di cose. Curiose o anche molto utili. Sapevate che i tedeschi, spesso indicati come modelli da imitare e non se può piu, al volante sfangàlano (d’après Giorgio Bracardi) gli altri automobilisti più degli italiani, e che i più esagitati di tutti dentro l’abitacolo sono i greci? Lo ha stabilito uno studio condotto con assoluto rigore scientifico. Mentre una sezione raccoglie le sentenze della Corte Costituzionale, ché a insultare troppo pesante qualcuno che ci sta sulle balle si rischia la condanna (ma allo stadio, in politica e per l’appunto al volante, vale tutto o quasi). L’articolo che ha ispirato questo articolo - “Parolacce: le più amate dagli italiani oggi” - riassume i risultati di una indagine condotta dalle Università di Bologna e di Torino. Indagine che fa seguito a un analogo studio promosso nel 1992 dal prof. Tullio De Mauro. Bene, in questo lasso di tempo le bestemmie si son quasi quadruplicate mentre le altre volgarità assortite ricorrono nelle conversazioni con triplicata frequenza, in testa a tutte sempre quella che rima con mazzo e pazzo e razzo, superfluo specificarlo. O tempora o mores? Mah, non sono di mio gusto i cultori dei bei tempi andati. Il registro basso della lingua è come il pepe in cucina, se lo usi bene inasaporisce la frase. Un razzo sparato al momento giusto rende più vivido il concetto. Ovvio che a eccedere col turpiloquio si finisca con l’annullarne la carica dirompente. Rendendo al contempo il proprio eloquio insopportabilmente monocromo e pesante. Ma insomma, se qualcuno ti par che meriti d’esser mandato a fare in mulo, meglio mandarcelo senza perifrasi senza eufemismi: è liberatorio. L’aumentata pratica del turpiloquio ha portato a un ampliamento delle parolacce comunemente usate. La ricerca Di Mauro censì 45 espressioni volgari, la nuova ben 75. Anche questo è arricchimento linguistico. Qualcosa mi dice che chi si troverà nei prossimi giorni a percorrere l’A14 fra Porto Sant’Elpidio e Pedaso - o meglio a stazionare incolonnati per un tempo che sembrerà infinito sulla A14 fra Porto Sant’Elpidio e Pedaso - non riuscirà a trattenersi dal dantescamente bestemmiare “Dio e lor parenti,/ l’umana spezie e ‘l loco e ‘l tempo e ‘l seme/ di lor semenza e di lor nascimenti”. Dando fondo a tutto il turpiloquente repertorio. Un consiglio (buono anche per i non incolonnati sull’A14 intasata). Una volta esaurite le espressioni codificate (ma non l’esasperante coda), non fermatevi. Sfrenate la fantasia, andate oltre. Anche nella volgarità la creatività è fondamentale.

*Opinionista e critico cinematografico Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico