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Spaccio di droga, pistole, coltelli, bastoni. Il quartiere di Lido Tre Archi è un fazzoletto di terra che ospita oltre mille (spesso mini) appartamenti a due passi dal mare. Palazzoni e condomini costruiti nell’epoca del boom economico con l’idea di realizzare un’oasi di seconde case per le vacanze (infatti tante abitazioni vennero acquistate da lombardi e piemontesi a tale scopo). Ben presto però l’idea di realizzare tutti quegli alloggi, colate di mattoni e cemento, in così poco spazio, si rivelò un boomerang. Anche perché la zona all’epoca era una sorta di imbuto. Per entrare e uscire dal quartiere c’era solo un sottopasso ferroviario con tre archi (da qui il nome) che collegava alla Statale Adriatica. Chi voleva delinquere aveva così vita facile: bastava tenere d’occhio quell’unica porta ingresso al quartiere. Bastava uno che facesse da palo e avvisasse dell’arrivo delle forze dell’ordine. Addirittura poteva essere bloccato l’accesso alla zona. Questa situazione logistica ha sicuramente favorito nel tempo, l’insediamento, qui più che altrove, della microcriminalità. Nordafricana in primis. Nel corso degli anni, nonostante gli investimenti e i correttivi che sono stati fatti (come ad esempio l’apertura del ponte di collegamento con Porto Sant’Elpidio, il nuovo lungomare e la pista ciclabile di raccordo con Casabianca e, in ultimo, gli impianti sportivi e il restyling di arredi) il quartiere è sempre rimasto una delle zone più problematiche della costa marchigiana. Alternando momenti di apparente tranquillità ad altri di tensione massima, quando esplodono lotte tra bande avversarie, spesso di nazionalità diverse, per il controllo dei mercati illegali della droga e della prostituzione. Da fine marzo si è registrato un nuovo picco. L’allarme nella zona è suonato di nuovo. Tanto che lunedì prossimo il sindaco Paolo Calcinaro ha convocato colleghi sindaci e associazioni di categoria in Comune per discutere e organizzare iniziative contro la violenza e il degrado nel quartiere. Un summit che fa seguito agli episodi di violenza culminati con una sparatoria in cui è rimasto ferito un quarantenne tunisino (a fine marzo è stato un Far West) e con l’accoltellamento di un giovane nordafricano (avvenuto nel pomeriggio del Primo Maggio). Due episodi molto gravi dietro ai quali si nasconde probabilmente l’ennesimo regolamento di conti tra i gruppi diversi presenti nel quartiere. Gli inquirenti hanno subito tamponato la situazione organizzando posti di blocco e operazioni speciali. Le indagini sono in corso per risalire ai colpevoli. Nel frattempo si sono mosse anche le istituzioni. L’assessore regionale ed ex poliziotto Filippo Saltamartini ha chiesto nei mesi scorsi al ministro Matteo Piantedosi un presidio fisso di polizia nel quartiere per il controllo e la sicurezza di tutta la fascia costiera. In Consiglio regionale era stata approvata anche una risoluzione che indicava questa opportunità. La richiesta tuttavia sinora (complice anche la carenza di organico nelle forze dell’ordine) non si è concretizzata tanto che il consigliere regionale Fabrizio Cesetti è tornato ad auspicare con forza un’accelerazione su questo fronte proprio dopo l’ultimo episodio di violenza. I sindaci pure stanno marciando compatti mettendo in campo tutte le contromisure possibili per tamponare la situazione. Ora però siamo alle porte della stagione estiva, la popolazione lungo la costa è destinata a moltiplicarsi nelle prossime settimane per la presenza dei turisti. Che scelgono il Fermano (e le Marche) per le loro vacanze. Episodi di violenza, nel quartiere come altrove, non devono accadere. Bisogna dare subito un segnale forte ai malviventi presenti nella zona, far capire che anche a Tre Archi lo Stato è sempre presente, che le regole valgono anche tra le mura di quei condomini, alcuni dei quali oggi appaiono solo regno di degrado. Un presidio fisso di polizia nel quartiere, magari aperto intanto solo nei mesi estivi, e con competenze su tutta la fascia costiera fermana, sarebbe forse un primo segnale importante per invertire la rotta. Partiamo da qui.
*Giornalista del Corriere Adriatico e Caposervizio di Macerata-Fermo
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