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Raoul Bova in questi giorni ad Ancona - e forse il set poi si sposterà ad Ascoli - per le riprese di una serie targata Lux Vide è una notizia ben degna della copertura mediatica che sta ottenendo, pur nella sostanziale assenza di comunicazioni da parte della produzione. E sono giustificati sia l’entusiasmo della popolazione e la caccia grossa al selfie con il divo, sia le dichiarazioni soddisfatte della sindaca Mancinelli e del direttore della Fondazione Marche Cultura Gesualdi e della Guasco, la casa di produzione anconetana che alla Lux ha fornito supporto selezionando le comparse. Tutto, ripeto, più che giustificato: le Marche non essendo avvezze a ospitare produzioni di tal rilevanza. Limitiamoci alla storia del cinema. Quanti film importanti sono stati girati, in tutto o in parte, nelle Marche? I titoli che vengono in mente a chiunque sono “Ossessione”, “La ragazza con la pistola”, “La stanza del figlio”, “Il giovane favoloso”. Se ne possono - se ne devono - aggiungere altri: “Vanina Vanini”, “Serafino”, “Alfredo Alfredo”, “Fratello Sole, Sorella Luna”, “La prima notte di quiete”, “... Altrimenti ci arrabbiamo!”, “Paesaggio nella nebbia”, “Il grande Blek”, “Stanno tutti bene”, “Turné”, “Rossini! Rossini!”, “Un’anima divisa in due”, “Il grande cuore delle ragazze”, “Corpo estraneo”, “Come il vento”, “L’ombra del giorno”. Pochi, anche ne avessi dimenticato qualcuno, cosa probabile, diciamo pure certa. Le Marche nell’audiovisivo sono da sempre una regione periferica. Oggi e nei prossimi anni ci giochiamo l’occasione di invertire la tendenza. Grazie ai fondi europei che ci sono destinati. Roba seria: 16 milioni totali, 5 disponibili già da quest’anno. Ora, ottenere fondi è difficile. Spenderli, in Italia, sembra più difficile ancora, ogni anno ridiamo indietro un bel gruzzolo che siamo stati incapaci di impiegare. Spenderli e bene, spero, perlomeno nel caso specifico, non si riveli una missione impossibile. Per spendere bene le risorse disponibili bisogna farsi venire buone idee. E avere la forza di respingere quelle cattive. La cosa peggiore di tutte sarebbe disperdere il tesoretto, niente affatto “etto”, in mille rivoli destinati a seccarsi quasi tutti. Spendere bene significa innanzi tutto selezionare: te ti finanzio, te no. Non voglio assistere alla proliferazione incontrollata di piccoli film realizzati ad mentula canis e destinati a mettere in fuga anche i parenti di coloro che ci hanno lavorato. (“Piccolo film” è espressione che in molti a priori suscita simpatia, ma esistono piccoli film di qualità, e perciò capaci di circuitare nei festival internazionali e conquistarsi un pubblico sebbene non oceanico, e ne esistono di indecorosi, e che quel tal filmetto non vada sostenuto manco con 5 euro basta leggere dieci righe di copione per capirlo). Per far delle Marche una terra di cinema (e di televisione e di quel che vi pare, serie web, varie ed eventuali) è necessario smaltire all’istante la sbornia da tesoretto imminente e sgobbare pancia a terra, a Roma (il cinema italiano è romanocentrico) e nel mondo (dove manco sanno che esistiamo).
*Opinionista e critico cinematografico
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