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E (ri)parliamo un po’ di cinema. «Ma come, proprio ora che il virus rialza la testa e anche nelle Marche abbiamo focolai, che siamo ancora in stato d’emergenza e stagione di Dpcm, lei si occupa di una cosa futile come il cinema?». Sì, caro lettore. Perché il cinema non è affatto cosa futile, son tanti e tanti posti di lavoro, fra artisti e tecnici, maestranze ed esercenti, soprattutto di questi ultimi mi appresto a discorrere. E che il virus rialzi la cresta maledetta non significa che si debba si possa sospendere la vita come nella primavera orrida trascorsa. Mascherina, distanziamento, gel (non troppo puzzolente, please) per le mani, e andare. E dunque, ero tanto contento, sei settimane fa, di poter tornare a chiudermi un paio d’ore a sera in una sala buia di fronte ai sogni proiettati sullo schermo gigante. E contenti, e su di giri come ragazzini al primo giorno di scuola, erano gli esercenti, tornati al lavoro dopo la lunga, lunga chiusura. E un po’ inquieti, d’accordo. Sarebbe tornato il pubblico? Oggi l’umore è più basso, inutile girarci intorno. C’entrano poco gli incassi non esorbitanti di settembre, settembre non è mai un mese di grandi incassi. “Tenet” ha deluso - sta sui 6 milioni -, “After 2” non ha sfondato, gli italiani reduci da Venezia han raccolto le briciole (come tutti gli anni del resto). Il punto è che per ottobre si sperava in un incremento: la stagione si gioca da qui a Pasqua. Scommettere oggi su un aumento di presenze sembrerebbe lampante dimostrazione di ottimismo sì, ma patologico. Non a causa della ridotta capienza delle sale. Il problema si chiama scarsità di prodotto. Gli ultimi giorni son stati scanditi dalle cattive notizie. “No Time to Die”, il James Bond numero venticinque atteso per novembre, non lo vedremo prima di aprile. La Disney, dopo aver distribuito la versione live action di “Mulan” sulla sua piattaforma Internet, ha rinviato non meno di dieci film: “Assassinio sul Nilo” di Kenneth Branagh da Agatha Christie slitta a metà dicembre, per molti altri - inclusi “Black Widow”, il “West Side Story” di Spielberg e “Deep Water”, il ritorno di Adrian Lyne al thriller - se ne riparlerà nel 2021. E per alcuni nel 2022: effetto domino dei rinvii. Mesi e mesi privi o quasi di titoli americani forti, e ti chiedi quanti cinema riusciranno a reggere. I multiplex specialmente. I monosala, proponendo altra tipologia di prodotto, hanno qualche possibilità in più di cavarsela. Altrove la mazzata sta già producendo effetti: la catena Cineworld ha annunciato la chiusura delle sue strutture negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e in Irlanda, e a migliaia stanno sbarcando sull’Isola della Disoccupazione. Più in generale e con più angoscia: quando il virus sarà sconfitto - dobbiamo reggere ancora un po’, dai - la sala sarà ancora il luogo privilegiato della fruizione cinematografica? Quanti spettatori avranno ormai perso e definitivamente, l’abitudine di uscire di casa e pagare il biglietto per godere lo spettacolo nelle condizioni migliori, lo schermo gigante e tutti insieme? Per chi il cinema lo preferisce al cinema, è questo il momento di darsi una mossa.
*Opinionista e critico cinematografico
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