Il ruolo dell’individualità in un’economia di sistema

Il ruolo dell’individualità in un’economia di sistema
Mercoledì scorso è stato presentato il Rapporto annuale sull’economia regionale elaborato dalla sede regionale della Banca d’Italia. Al pari di quello...

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Mercoledì scorso è stato presentato il Rapporto annuale sull’economia regionale elaborato dalla sede regionale della Banca d’Italia. Al pari di quello degli anni precedenti, anche il rapporto relativo al 2021 presenta un quadro dettagliato sui diversi settori dell’economia regionale, dall’agricoltura, all’industria, dalle costruzioni al terziario fino alla pubblica amministrazione, e sui diversi aspetti rilevanti per comprendere la dinamica dell’economia regionale: dall’andamento del reddito delle famiglie, ai prestiti bancari, all’attività di compravendita immobiliare, fino all’analisi della ricostruzione post terremoto. Per ognuno di questi aspetti vengono esaminati gli andamenti congiunturali e i trend a lungo termine. La ricchezza dei dati e delle analisi contenute nel Rapporto è testimoniata dal fatto che oltre un terzo delle 133 pagine sono costituite dall’appendice statistica contenente i dati oggetto di analisi. E’ quindi impossibile tentare in un articolo la sintesi dei risultati. Sarà utile concentrare l’attenzione di volta in volta su specifici argomenti, tenuto conto che tutti gli aspetti sopra menzionati sono rilevanti per comprendere l’evoluzione dell’economia regionale. A questo scopo il Corriere Adriatico dedicherà specifici approfondimenti nelle prossime settimane. In questo editoriale mi limito ad alcune riflessioni generali. Le ripetute situazioni di crisi che si sono succedute a partire da quella finanziaria internazionale del 2008-2009 hanno rivalutato il ruolo dell’azione politica a tutti i livelli, da quello europeo a quello locale. E nei diversi ambiti: da quello degli schieramenti geo-politici a quello delle scelte dei settori produttivi da sostenere o incentivare. In tempi di burrasca, il sistema economico non viaggia di default e necessita di essere governato e indirizzato. Questo non significa diminuire il ruolo dell’iniziativa imprenditoriale, che è anzi ancor più necessaria in considerazione delle accresciute necessità di innovazione. Ma l’efficacia delle azioni individuali è sempre più dipendente dalla capacità di agire come sistema; che si tratti di una piccola comunità locale, di una regione, o di un’aggregazione sovranazionale. In questo contesto è fondamentale che il dibattito sulle scelte collettive si basi su dati e informazioni attendibili oltre che tempestive. Il Rapporto della Banca d’Italia rappresenta uno strumento di straordinaria utilità in questo senso. Naturalmente i dati sono suscettibili di diversa interpretazione e, soprattutto, non forniscono di per sé soluzioni o indicazioni di policy. Queste ultime dipendono dalle visioni dell’economia e della società oltre che dagli interessi che si intendono privilegiare o sostenere. E’ però importante che il dibattito sulle diverse soluzioni si fondi su dati affidabili e condivisi. Ad esempio, il Rapporto ci informa che nelle Marche il settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (il settore primario) pesa l’1,8% del valore aggiunto complessivo (cioè del PIL). Si tratta di una percentuale in linea con la media nazionale ed europea ma inferiore a quella generalmente percepita dal pubblico. Evidenziare questo dato non significa sottovalutare l’importanza delle politiche di sostegno al settore o la rilevanza che l’agricoltura riveste in specifiche aree o nella salvaguardia di particolari valori culturali e ambientali. Serve, però, a prendere atto del fatto che l’eventuale crescita del settore, per quanto elevata, avrà scarsa influenza sull’andamento complessivo del reddito regionale, tenuto conto che quest’ultimo è alla base della possibilità di spesa e di investimento a livello pubblico e privato. Con riferimento al settore primario il Rapporto della Banca d’Italia dedica un approfondimento alla diffusione delle coltivazioni biologiche, maggiore nelle Marche di quanto osservato a livello nazionale. Si tratta di una tendenza che può contribuire ad elevare la qualità delle produzioni e migliorarne la valorizzazione sul mercato. E’ un’area di sicuro interesse per l’intervento pubblico e privato. In ogni caso, è importante che il dibattito su queste scelte sia fondato su dati reali piuttosto che su percezioni; produrrà policy più efficaci.

 

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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Corriere Adriatico