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Giovedì scorso è stata presentata la Classifica delle principali imprese marchigiane realizzata dalla Fondazione Aristide Merloni in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche. L’appuntamento è l’occasione per fare il punto sullo stato di salute delle principali imprese regionali, in particolare quelle manifatturiere. La Classifica è basata sui dati dei bilanci chiusi al 31.12.2020 e, per le non numerose società quotate in borsa, sui risultati conseguiti nel primo semestre 2021. L’analisi dei dati consente di trarre qualche indicazione sull’impatto della crisi determinata dalle misure di contenimento della pandemia e sull’attuale fase di recupero. E’ interessante a tale riguardo il confronto con la crisi del 2009. Per il complesso delle imprese manifatturiere regionali la contrazione delle vendite nel 2020 è stata del 9%, all’incirca pari alla contrazione del Pil nazionale e regionale. Nel 2009 l’impatto della crisi sul sistema produttivo era stato più pronunciato; a fronte di un calo del Pil di circa il 5% la riduzione delle vendite delle principali imprese regionali era stata del 15%. La contrazione del Pil osservata nel 2020 è stata di entità notevole ma l’impatto sul sistema produttivo è stato inferiore a quello osservato in precedenti situazioni di crisi. Ciò è dovuto al fatto che la contrazione dell’attività produttiva non è stata generalizzata; a fronte di settori fortemente penalizzati (come i comparti della moda nel manifatturiero e del turismo e ristorazione nei servizi) ve ne sono altri che sono stati meno influenzati dalle misure restrittive alla mobilità (come l’alimentare e la grande distribuzione) oppure hanno visto aumentare i livelli produttivi (come il farmaceutico). Nel 2009 la crisi finanziaria internazionale aveva determinato una generalizzata contrazione della domanda estera e interna e forti tensioni nella disponibilità di credito con conseguente impatto diretto sulle attività produttive, in particolare quelle manifatturiere. Ma la differenza principale fra le due crisi non è tanto nell’entità e nella natura dell’impatto quanto nella velocità del recupero. Si era molto discusso durante il 2020 se ci saremmo trovati a fronteggiare una fase di recupero a V, a U o a L. Quest’ultima è la forma osservata dopo il 2009 quando alla crisi finanziaria internazionale è seguito un periodo di recessione del mercato interno. Osservando i dati disponibili per il 2021 possiamo ritenere che l’uscita dalla crisi del 2020 si configura per molte imprese e settori nella forma a V o al massimo a U. Le vendite relative al I semestre 2021 delle società quotate mostrano tassi di crescita dal +20% al +50% rispetto al primo semestre 2020 e in qualche caso evidenziano incrementi anche rispetto al primo semestre del 2019. Ciò è stato il risultato di una reazione completamente diversa rispetto al 2009 della politica monetaria e fiscale in sede UE e a livello nazionale.
*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni
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