Ancona capoluogo senza appeal, una debolezza per tutta la regione

Ancona capoluogo senza appeal, una debolezza per tutta la regione
Nell’editoriale di sabato scorso Pietro Alessandrini è tornato sul tema delle caratteristiche di Ancona e del suo ruolo di città capoluogo delle Marche. Ne ha...

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Nell’editoriale di sabato scorso Pietro Alessandrini è tornato sul tema delle caratteristiche di Ancona e del suo ruolo di città capoluogo delle Marche. Ne ha sottolineato la ricchezza dei contrasti che, come sempre, possono essere considerati un punto di forza se si ha la capacità di utilizzarli per trovare nuove strade o un punto di debolezza se si cristallizzano e rimangono tali. Pietro Alessandrini non fornisce una risposta definitiva su quale delle due tendenze sia in atto anche se in chiusura dell’articolo sembra orientato all’ottimismo sottolineando che proprio per i suoi contrasti e malgrado le sue debolezze Ancona rimane una città vitale e affascinante. A sostegno di questa tesi Pietro Alessandrini riporta un’affermazione in questo senso espressa da Nanni Moretti per la scelta di Ancona come ambientazione del film “La stanza del figlio”. Per la verità io conosco una diversa (non necessariamente alternativa) spiegazione che Nanni Moretti ha dato per la scelta di Ancona come location del suo film. Rispondendo ad una domanda posta da uno studente in uno degli incontri con le scolaresche della città avrebbe affermato (uso il condizionale poiché riporto affermazioni che non ho ascoltato direttamente e che mi sono state riportate) che Ancona aveva il vantaggio di essere una città sconosciuta agli italiani per cui nessuno, eccetto gli anconetani, l’avrebbe associata a propri ricordi. Era, insomma, la location perfetta poiché gli spettatori si sarebbero concentrati sulla storia senza essere distratti dallo sfondo, per loro del tutto anonimo. Non vi garantisco che la storia sia vera (benché considero attendibile la fonte) ma è certamente verosimile. Tante volte mi è capitato di conversare con colleghi di altre università italiane invitati ad Ancona e che mi hanno confessato che era la prima volta che mettevano piede in città. Oppure c’erano stati ma non l’avevano visitata. In effetti, se consideriamo i flussi in entrata nelle Marche, turistici o per lavoro, Ancona non risulta fra le prime della lista, pur essendo il capoluogo regionale. Le ragioni sono state già illustrate da Pietro Alessandrini e rimandano alla storia e alle caratteristiche di Ancona. Città che si è fondata sul porto piuttosto che sulle relazioni con l’entroterra. Un’infrastruttura di transito per merci e persone che non originano da Ancona e non si fermano ad Ancona. Ancona non è un hub, cioè un attrattore di flussi e relazioni che fanno capo alla città ma solo punto di transito per merci e persone dirette verso altri luoghi. Questo vale sia per i flussi e le relazioni a livello nazionale sia, come ricorda Pietro Alessandrini, per quelli a livello regionale. Ancona non è stata al centro dello sviluppo industriale delle Marche nel secondo dopoguerra e non è al centro della vita culturale della regione. Con l’istituzione delle regioni è diventata la sede amministrativa della Regione Marche ma non è mai riuscita, almeno finora, a trasformare la presenza fisica dell’amministrazione regionale in una capacità di leadership politica. Non è solo una questione di mancanza di leader; l’assenza di leadership economica e culturale non è facilmente surrogabile dalla presenza delle strutture di governance regionale. La possibilità che Ancona diventi l’effettivo il punto di riferimento e di attrazione delle relazioni che si sviluppano all’interno della regione e verso l’esterno rimane nel breve periodo abbastanza difficile, anche se non impossibile. La storia conta e non è facile modificare il destino dei luoghi. Io continuo a ritenere che la debolezza di Ancona come capoluogo regionale sia una debolezza per l’intera regione. Non è così per chi ha in mente il modello della regione plurale, delle cento città e degli altrettanti numerosi campanili per cui l’assenza di un centro aggregatore non è un problema. Io non ho ancora ben capito come dovrebbe funzionare questo modello a rete e come possa continuare, in assenza di massa critica, a garantire capacità attrattiva per talenti e capitali; i quali saranno sempre più necessari per evitare che le Marche scivolino verso una prospettiva di marginalità rispetto alle sfide dello sviluppo e dell’innovazione che abbiamo davanti. 

 

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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Corriere Adriatico