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Papa Francesco ha voluto una Giornata mondiale dedicata ai poveri per sollecitare una riflessione sulle radici della vera indigenza. E alla quinta edizione, che si celebra questa domenica, ne ha rafforzato il significato recandosi venerdì ad Assisi, città della pace e della solidarietà. Ponendo il grido dei poveri a fondamento della vocazione universale della Chiesa. Alzare muri interiori, opporre resistenza al confronto con i fratelli e le sorelle, provoca l’impossibilità di trasformare la società in comunità. «È tempo - ha affermato il Papa - che si aprano gli occhi per vedere lo stato di disuguaglianza in cui tante famiglie vivono. È tempo di rimboccarsi le maniche per restituire dignità creando posti di lavoro. È tempo che si torni a scandalizzarsi davanti alla realtà di bambini affamati, ridotti in schiavitù, sballottati dalle acque in preda al naufragio, vittime innocenti di ogni sorta di violenza. È tempo che cessino le violenze sulle donne e queste siano rispettate e non trattate come merce di scambio. È tempo che si spezzi il cerchio dell’indifferenza per ritornare a scoprire la bellezza dell’incontro e del dialogo». Anche un ricco può essere povero se interiormente è bloccato, fossilizzato, impedito nella capacità di relazionarsi a chi cerca e offre opportunità di dialogo. Sentirsi un’isola, segnare il proprio territorio provoca un impoverimento umano e sociale che è esso stesso motivo di grave disagio. La disoccupazione non è solo un distruttivo fenomeno economico, bensì è il segnale di una collettività che ha smesso di proiettarsi nel futuro e di volersi bene. Investire significa confidare nella positività e proficuità dei rapporti interpersonali. Ridurre le dinamiche socioeconomiche ad uno scambio finanziario mortifica la vita individuale e comunitaria, dandole la consistenza di un castello di carta, sganciato dal calore e dalla ricchezza di un contatto che diventa condivisione di ciò che si può costruire solo insieme. L’infaticabile apostolo della carità, don Oreste Benzi, esortava ad edificare la società del gratuito invece di sprofondare in quella del profitto esasperato. Esiste una povertà che è causa ed effetto di tutte le altre: la povertà interiore. L’avidità dell’egoismo ci impedisce di vedere l’altro come una risorsa e comporta una chiusura al prossimo che diventa condanna all’infelicità. La pandemia ha dimostrato la necessità di una risposta comune a un problema troppo grave per essere risolto individualmente. La tentazione diabolica di scartare chi è più fragile e apparentemente inutile equivale alla follia criminale che nelle pagine più buie della storia ha scaraventato l’umanità negli abissi più turpi. La vita, dal concepimento al suo termine naturale, resta la più preziosa ricchezza di cui disponiamo, e che sorregge la casa comune da tramandare alle prossime generazioni.
*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
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