Transizione energetica: serve una accelerazione

Transizione energetica: serve una accelerazione
Abbiamo un compito difficile e rischioso da risolvere, dare al pianeta un sistema energetico più pulito, più sicuro, più sostenibile. Il dramma della guerra...

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Abbiamo un compito difficile e rischioso da risolvere, dare al pianeta un sistema energetico più pulito, più sicuro, più sostenibile. Il dramma della guerra in Ucraina ha mostrato le contraddizioni, le debolezze del sistema attuale, da un lato aiutiamo in tutti i modi possibili il popolo ucraino aggredito, dall’altro compriamo gas e petrolio da Putin finanziando così le sue spese militari. Dalle esportazioni sul mercato europeo, comprendente anche la Gran Bretagna, ogni giorno ricava 660 milioni di euro con il greggio e 350 milioni con il gas. Solo questo dovrebbe suggerirci di accelerare la transizione energetica verso le rinnovabili, acquisendo una maggiore indipendenza energetica oltre che una riduzione delle emissioni di CO2.

 

Le problematiche indotte dai cambiamenti climatici sono ancora tutte lì, se nei prossimi 20 anni non contrasteremo seriamente gli innalzamenti climatici gli effetti per il pianeta saranno devastanti. Su questo punto vi è ormai evidenza scientifica, anche se le soluzioni da sviluppare non sono ancora condivise da tutti. Nell’incontro della scorsa settimana tra i capi di governo europei si è cercato, con fatica, di trovare una comune politica sull’approvvigionamento energetico cercando sia riparo da possibili speculazioni sui prezzi, che una maggiore indipendenza dalle risorse energetiche russe. Entrambe queste azioni si potrebbero accelerare con un ulteriore rafforzamento del Green New Deal europeo per incentivare ancora di più l’autoproduzione da fonti rinnovabili. Ma questo purtroppo non sembra sia stato compreso. Si preferisce per ora mantenere la natura fossile dell’energia, cambiando solo i paesi di produzione, ma spesso anche questi nuovi paesi non hanno una tradizione democratica e di pace, rischiando così di andare a sostenere i costi di altre guerre in altre parti del mondo, ad esempio nel vicino Medioriente.

Attenzione però che anche l’acquisto di materiali, di metalli necessari per la transizione verso le energie rinnovabili e le tecnologie elettriche rischia di rendere le nostre economie dipendenti da nuove instabilità geopolitiche. Una simulazione presentata in un recente articolo su The Economist, mostra che con la graduale riduzione delle risorse fossili per la produzione dell’energia aumenteranno i costi dei metalli per produrre l’energia e l’elettrificazione dei processi produttivi e dei trasporti. I metalli per la transizione verde, come ad esempio rame e litio, saranno concentrati in pochi paesi, spesso con basse tradizioni democratiche, con il conseguente rischio che questa pericolosa concentrazione porti agli stessi pericoli che stiamo attraversando in questo periodo. Per evitarli, in questa fase di transizione, a tutti quei Paesi che si troveranno al centro delle nuove economie green, andrebbero proposti modelli organizzativi e contratti che facilitino un’equa ripartizione delle entrate per una crescita sociale e culturale, evitando di incentivare azioni speculative, che la storia insegna, portano sempre a regimi totalitaristici e a nuove guerre. Difficile ma necessario, altrimenti le transizioni in atto porterebbe solo ad uno spostamento geografico dei conflitti. La transizione energetica, per essere seriamente realizzata, avrà anche bisogno di una nuova e seria economia basata sul riuso, soprattutto delle materie prime e dei metalli in una concreta economia circolare.

Entro il 2040 l’estrazione del cobalto dalle vecchie batterie potrebbe soddisfare il 12% della domanda totale. Sarà una rivoluzione non solo organizzativa ma soprattutto culturale per le nuove generazioni. Se nel passato insegnavamo ai nostri studenti come progettare un impianto, un macchinario, un dispositivo per essere costruito con facilità, con costi contenuti e qualità garantita, ora dobbiamo insegnare loro come progettare non solo per costruire ma soprattutto per recuperare le materie prime e i metalli con cui è stato costruito. Quindi, se vogliamo garantire un futuro sostenibile e di pace senza illudere le giovani generazioni sono tante le cose che devono cambiare, con coraggio dobbiamo facilitare questi cambiamenti, altrimenti il futuro sarà solo una fotografia in bianco e nero del passato. 

 

* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione  Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche 

 

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Corriere Adriatico