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Anche in questa regione, dove accogliamo tanti profughi e migranti, siamo chiamati tutti ad esprimere la nostra solidarietà e, per chi è religioso, la vicinanza alle vittime del naufragio di Crotone in un solo modo. Con la preghiera. Penso e mi rivolgo ai tanti cattolici affinché, almeno noi, non ci mettiamo a fare i giudici, come insegna il Vangelo, né a intraprendere l’insensata modalità di cavalcare le polemiche per scopi politici. Altra cosa è chiedere verità e giustizia. Ciò che possiamo invece fare come cristiani è consegnare al Signore le anime di queste vittime innocenti. Il senso di umanità deve indurci una domanda. Chi saranno i prossimi obiettivi di questa cultura dello scarto.
Nessuno è al sicuro finché innocenti muoiono in tragedie simili. Il senso di insicurezza prodotto dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina non deve farci dimenticare che il Mediterraneo è il più grande cimitero d’Europa, come lo ha definito Papa Francesco. Quei bambini nelle bare bianche sono figli nostri. È responsabilità individuale e collettiva farcene carico. Nessuno può coprire di indifferenza lo scempio di stragi che possono essere evitate. «Bisogna impegnarsi seriamente - ha affermato il Pontefice incontrando qualche anno fa 33 persone migranti arrivate a Roma dall’isola greca di Lesvos - a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili.
Bisogna mettere da parte gli interessi economici perché al centro ci sia la persona, ogni persona, la cui vita e dignità sono preziose agli occhi di Dio. Bisogna soccorrere e salvare, perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo, e il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio». E l’Europa dove è stata fino ad ora? La culla di una civiltà millenaria si sgretola per un barcone lasciato affondare a cento metri dalla riva. Ad andare irrimediabilmente perse sono vite umane e non numeri. Non accogliere significa condannarsi alla marginalità e al declino. Il Mare nostrum, ha osservato il Papa alla Conferenza Rome MED Dialogues, deve recuperare quella «vocazione di progresso, sviluppo e cultura» che recentemente sembra aver smarrito; oggi quello stesso Mare «stenta ad essere vissuto come luogo di incontro, di scambio, di condivisione e di collaborazione», pur essendo quel crocevia di umanità portatore di tante opportunità. I tassi di natalità sono in continua diminuzione in Italia e in Occidente. Così si perde il legame con il futuro. È lo stesso disprezzo della vita che porta all’eutanasia nascosta degli anziani. Sempre più spesso vengono abbandonati invece di essere considerati come la nostra memoria.
Lasciar affogare in mare decine di fratelli e sorelle o sopprimere l’esistenza in grembo o nello stadio finale hanno la stessa radice di male. Ciò deve spingere la società intera a fermarsi in tempo, a non rassegnarsi. A non considerare questo stato di cose come irreversibile. Alla fine del primo capitolo della costituzione conciliare “Lumen Gentium” troviamo l’esortazione a «toccare la carne» dei poveri e non solo ad aiutarli tenendoli a distanza. Solo la speranza permette di vedere oltre i problemi e le difficoltà. Farsi carico di accogliere chi fugge da moderni inferni di schiavitù, guerra e miseria estrema risuscita gli uomini di buona volontà a vita nuova ed infonde coraggio per guardare al futuro.
La misericordia si coniuga in una pluralità di aspetti caritativi. E cioè la compassione, la benignità, la pazienza, l’amore con i quali siamo chiamati ad andare incontro a ogni uomo. L’unica risposta credibile dopo l’orrore del naufragio al largo di Crotone è che la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza per evitare che simili tragedie si ripetano. Un appello che dal Papa all’Onu riecheggia nel mondo per uomini e donne che cercano una vita migliore. Affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di conflitti sanguinosi. Cercano una vita migliore. Cercavano la felicità. Hanno trovato il muro di gomma della nostra indifferenza.
Corriere Adriatico