Non ci sono pranzi (né luci) gratis. Recuperare la logica del risparmio

Non ci sono pranzi (né luci) gratis. Recuperare la logica del risparmio
Ricordo che quando ero piccolo mio padre mi inseguiva per casa per spegnere tutte le luci rimaste accese nelle stanze da cui mi allontanavo. Mi rimproverava perché sprecavo...

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Ricordo che quando ero piccolo mio padre mi inseguiva per casa per spegnere tutte le luci rimaste accese nelle stanze da cui mi allontanavo. Mi rimproverava perché sprecavo inutilmente. A Genova l’attenzione al caro bollette è stata sempre particolarmente sentita. Ma a quei tempi l’inclinazione al risparmio era una logica diffusa ovunque. Papà aveva vissuto da bambino la fine della seconda guerra mondiale e chi ha fatto sacrifici sa bene quanto sia sbagliato sprecare. Il concetto “non ci sono pranzi gratis” era ben chiaro ai nostri nonni e hanno cercato di insegnarcelo.

Tutto quello che quello che facciamo ha un prezzo ma quando ero ragazzino a me sembrava che accendere la luce fosse gratis. Oggi sono un papà di tre ragazzini che mi trovo a rincorrere perché lasciano sistematicamente accese le luci in ogni stanza dove passano. Il modello educativo non è cambiato, ma in realtà è cambiato molto il quadro sociale. Rispetto a solo 30 anni, si è persa completamente la logica del risparmio, così come quella anche di riciclo. Quando eravamo ragazzi era normale poter riparare un oggetto rotto, si riparavano le scarpe, gli orologi, gli elettrodomestici, le auto. Tutto questo è cambiato completamente. Ci hanno spinto a consumare in modo lineare, non circolare. Non si può riparare più nulla. Bisogna sostituire quello che si è rotto o una portiera appena bozzata. Questo ci ha fatto perdere il senso di un’economia del risparmio e del riciclo (che oggi riferiamo al solo riciclo dei rifiuti). In passato non era così: le cose avevano una seconda e una terza vita e potevano essere utilizzate a lungo senza sprechi e con meno rifiuti. Nella cultura dei nostri avi, un ponte di legno danneggiato da un evento meteorologico, si riparava o diventava una tettoia o qualcos’altro di utile.

E quando anche questa seconda funzione veniva meno le tavole di legno venivano utilizzate per fare una porta e quando finiva anche per questa funzione, quelle tavole diventavano legna da ardere. Ormai quasi nessun oggetto nella nostra società acquista un secondo o un terzo utilizzo. Qualcosa sta cambiando: cominciano a essere disponibili delle app che ci permettono di rivendere l’usato come si faceva un tempo con gli annunci sul giornale o ai mercatini dell’usato. Ma decenni di logica del consumismo sono duri da abbattere e la crisi energetica ci sta mettendo di fronte a una grande sfida culturale. Fin dai primi giorni delle speculazioni sul gas e sul costo dell’energia sarebbe stato normale cominciare a ragionare su un piano di risparmio. Credo che sia normale, anzi educativo e sano, dire che il risparmio ha un valore morale, non mette a repentaglio il nostro benessere. Il risparmio aiuta a contrastare la speculazione, aiuta a dare il giusto valore alle cose. Consumiamo più energia di quella che serve, lo sappiamo, e possiamo risparmiare il 15% dell’energia senza neanche accorgercene. Proprio come i miei figli che escono di casa lasciando le luci accese. Sprecare energia significa contribuire ai cambiamenti climatici.

Ecco perché ritengo assolutamente folle e fuorviante che ci siano politici che stigmatizzano il risparmio energetico. Ci sono momenti in cui è possibile e giusto risparmiare. Ma in questi giorni ho letto titoli su alcuni quotidiani assolutamente folli come: “i gretini ci lasciano al freddo” o “C’è un freddo becco... cosa diranno i gretini?” o “La EU Italia ci la luce”. Si tratta di stupidaggini e speculazioni populiste. Queste testate giornalistiche sanno bene che non ci sono dubbi scientifici sui cambiamenti climatici, ma contano sull’ignoranza degli italiani, la alimentano e se ne alimentano. La colpa dei cambiamenti climatici non è di Greta Thunberg e non sono i giovani di Friday 4 Future. A lasciarci al freddo o con bollette insostenibili è solo l’ignoranza e l’incompetenza dei politici che per vent’anni hanno gestito la cosa pubblica. Dopo un importante avvio delle rinnovabili con il solare nei primi anni duemila, ci siamo quasi fermati. Parte della nostra classe politica non ha capito che l’unico modo per avere energia a basso prezzo e senza speculazioni è necessario accelerare la corsa alle energie rinnovabili, non contrastarla. Sole e vento in Italia abbondano, forniscono energia pulita, e inesauribile. Non ci espongono a rischi terroristici o a ritorsioni belliche, non ci rendono dipendenti da chi possiede gas, non producono scorie radioattive. Si tratta solo di buon senso. Ma leggendo i manifesti elettorali pare che logica e buon senso manchino ancora in larga parte della politica italiana.

 

 

* Docente all’Università Politecnica delle Marche  e presidente della Stazione  zoologica-Istituto nazionale 
di biologia, ecologia e biotecnologie marine

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Corriere Adriatico