L’impegno irrinunciabile per le schiave della strada

Prostituzione, dietro al fenomeno il racket della tratta delle donne
Dialogare con tutti, a partire da chi la può pensare anche in...

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Dialogare con tutti, a partire da chi la può pensare anche in modo diverso o del tutto opposto. È ciò che provo ogni giorno a fare nel mio apostolato che mi vede impegnato da molti anni nel recupero delle donne vittime di tratta. Abbiamo appena celebrato la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e domani le Nazioni Unite ricordano l’abolizione di ogni forma di schiavitù. In realtà al momento tutto questo è solo un auspicio, un desiderio di coloro che credono nell’insostituibile valore della dignità umana. Certo, ufficialmente la tratta degli schiavi non esiste più dal 23 febbraio 1807 quando fu cancellata a larga maggioranza dal parlamento inglese, cuore della potenza coloniale dell’epoca. Gli schiavi però ancora esistono e sono presenti anche nei nostri Paesi cosiddetti progressisti, liberali, moderni. Sulle strade delle nostre città sembra scolpita una condanna antropologica: quella di trasformare la sopraffazione in una modalità di relazione sociale. Le “donne crocifisse” rispecchiano tragicamente l’umana deriva dell’acquisto, dello sfruttamento, dell’appropriazione indebita di altri esseri umani. È come se l’uomo non sapesse evolvere verso una fattuale, intangibile parità di dignità. C’è sempre bisogno psicologicamente, strutturalmente, di qualcuno da sottomettere. Le vittime della prostituzione coatta sono le moderne schiave e finché non saranno liberate non potrà essere dichiarata la concreta, effettiva abolizione della schiavitù. Ci sono altre odiose forme di asservimento che hanno sempre come bersaglio le persone più fragili, ma la tratta del mercimonio coatto ha questa peculiarità: si distrugge la libertà di un individuo per farne uno strumento dei propri istinti più primordiali, eticamente riprovevoli, socialmente distruttivi. Nella società odierna dilaga la tentazione strisciante di attribuire un valore monetario a qualunque condizione, situazione, circostanza. Ma l’esistenza umana non ha prezzo e quindi anche vendere il corpo non potrà mai essere considerato un lavoro. Così come acquistare sesso non sarà mai paragonabile al libero e autodeterminato atto di fare l’amore. Comprare il “tempio dello spirito” come per le Scritture è la parte fisica dell’individuo, è un peccato agli occhi di Dio e deve essere ovunque un crimine per la legge dell’uomo. Sono queste le considerazioni che recentemente sto facendo, ovunque mi ospitano, per affrontare il tema delle “donne crocifisse” a causa dell’ignobile tratta degli esseri umani. Giovedì a Numana mi sono confrontato con le istituzioni locali e con la Lega che avevano organizzato l’evento ricordando loro quanto sia importante conoscere bene certi fenomeni, come quello della prostituzione coatta, per non rischiare di confondersi neanche lontanamente tra i promotori o coloro che, anche solo indirettamente, diventano correi degli schiavisti. È stato un confronto maturo con persone volenterose di comprendere dall’esperienza di chi, da oltre 25 anni, vive questo dramma accanto alle vittime. Lo stesso concetto ho espresso il giorno dopo a Senigallia commemorando Evelyn Okodua, la giovane ragazza uccisa dal racket della prostituzione a cui il Comune, con il sindaco Mangialardi, ha dedicato una sala ponendo una targa. È stata molto significativa la presenza di tutte le autorità civili, militari e religiose della provincia e della cittadina che purtroppo ancora vede la presenza di giovani donne schiavizzate anche se in numero ridotto. Ho chiesto alle Forze dell’Ordine di agire, di fare del tutto affinché, anche se ce ne fosse una sola di donna sulla strada, il racket venga definitivamente sconfitto, così da poter dire che in tutta la provincia di Ancona non ci siano più schiave sui marciapiedi. Tutto ciò è possibile quando le diverse volontà politiche e istituzionali preposte scelgono di raggiungere l’obiettivo. È stato l’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando l’8 marzo scorso dedicò la giornata della donna alle vittime di tratta stabilendo che il tema fosse “Mai più schiave”. Ecco l’impegno che deve coinvolgere tutta la nostra Regione sperando che qualcuno non si faccia sentire soltanto durante la campagna elettorale.


*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico