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Sette cattive notizie per buttarci un po’ giù. Ne abbiamo tutti bisogno, non è vero? E più di tutti i ristoratori, i cinematografari, i teatranti, le partite Iva, gli apericena. Sette cattive notizie e non una che riguardi il Covid. Lo giuro. 1) La Signorina Vodafone è stata silenziata. Sostituita da un’intelligenza artificiale. L’ex Signorina Vodafone si chiama Federica Sassaroli e ha una voce calda meravigliosa e una dizione perfetta. Per ascoltarla ancora e ancora, potevi ingiungere a un amico abbonato Vodafone di spegnere subito il telefono, sotto minaccia si rappresaglie fisiche. Con la voce dell’intelligenza artificiale non accadrà, mano sul fuoco, checché ne dica il film “Inconvenienti digitali”, silenziato anch’esso appena uscito. Mi sento come alla fine d’una storia d’amore. 2) Sempre a proposito d’applicazioni nefaste della tecnologia. Dopo Milan - Roma, due rigori inesistenti, sarà chiaro a tutti, spero: il Var ha ucciso il gioco del calcio. Non soltanto ha frammentato la partita, reso impossibile l’esultanza dopo un gol («bisogna verificare!») ma non di rado induce a errori marchiani. Come nella finale degli ultimi Mondiali. Il rigore per la Francia? Ridicolo. O pretendiamo che i calciatori saltino rigidi come soldatini sull’attenti? Eliminatelo, il Var. «Non si può tornare indietro»? Talvolta si deve. 3) Ancora sul calcio. Pharrell Williams, il cantante che durante l’estate 2013 ci tormentò con “Happy”, ha disegnato le (raccapriccianti) nuove maglie da trasferta di Juventus, Bayern Monaco, Manchester United, Real Madrid. Ispirandosi ad alcune divise indossate dalle squadre suddette nelle stagioni passate (orribile di suo, la Juve in rosa). Modificandole mediante chiazze nere: a ricordare la discriminazione razziale. Quando una giusta causa partorisce mostri. 4) Amadeus garantisce: «Il Festival di Sanremo si farà». Nessuno sa come saremo messi a fine febbraio o giù di lì. Nessuno sa quante sale cinematografiche riusciranno a riaprire quando che sia, quante compagnie teatrali supereranno la crisi, ma Sanremo si farà. Di Sanremo non ci libereremo mai. È una tradizione? D’accordo, ma non è che tutte le tradizioni debbano sopravvivere per forza e forever, eh. La pandemia era l’occasione giusta per liberarci finalmente del fiorame, dei cambi d’abito, delle giurie di qualità o meno, della interminabile sfilata di canzoni quasi tutte inascoltabili, un paio max tre da salvarne, nelle annate buone. Niente da fare. E allora pretendo che perlomeno Amadeus si ricordi di omaggiare il gruppo meno sanremese di tutti. Gli Squallor, inarrivabili poeti del doppiosenso, del turpiloquio, dello spetazzo, del kitemmuort’. Cerruti era l’ultimo rimasto in vita, ci ha lasciato pure lui. Sogno Ramazzotti, D’Alessio, Pausini e Baglioni che sul palco dell’Ariston intonano, con massima serietà massimo impegno, “A chi lo do stasera” (il “puparuolo”).
*Opinionista e critico cinematografico
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Corriere Adriatico