Crisi Berloni, il curatore: «C'è un imprenditore pronto a rilanciare il marchio»

Crisi Berloni, il curatore: «C'è un imprenditore pronto a rilanciare il marchio»
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PESARO - Il caso Berloni, in dirittura d’arrivo per garantire la continuità aziendale. Le offerte ci sono e il liquidatore ha individuato in particolare un profilo di chi potrebbe far rinascere la storica azienda di cucine. Un fronte che non si è mai fermato e che in queste settimane ha portato a diversi sviluppi, come il pagamento delle spettanze ai lavoratori che ancora sono rimasti.


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Andiamo in ordine. La storica Berloni, tra i marchi leader nel settore del mobile e delle cucine, è stata posta in liquidazione a fine novembre dopo una serie di divergenze tra i soci Hcg, Wan Yuan Textile e Thermos. Il liquidatore Alessandro Meloncelli che è stato suo tempo incaricato di seguire la procedura fa il punto della situazione. 
 
«Abbiamo venduto il capannone alla Tecnoplast, una ditta locale (si parla a questo proposito di una cifra di oltre 5 milioni di euro ndr). Questo ha portato nuova liquidità in cassa con cui abbiamo pagato tutte le spettanze ai lavoratori. Al momento sono passati da 85 di novembre ai 37 dopo varie dimissioni per aver trovato altri impieghi. Sono tutti comunque coperti da ammortizzatori sociali». Gli ex dipendenti sono in cassa integrazione per cessazione attività per un anno. Ad aprile avevano ottenuto la cassa integrazione per Covid, un ammortizzatore che aveva garantito un minimo flusso di entrate per i lavoratori. A luglio dovevano ancora avere parte della tredicesima e cinque stipendi arretrati. Famiglie che contavano su questi soldi per uscire da una crisi infinita. La vendita del capannone ha quindi ristorato questi ammanchi e rimpinguato le casse di dipendenti che devono far fronte a mutui, affitti e altre spese. Prosegue a questo proposito il liquidatore: «Abbiamo anche dato inizio al pagamento dei debiti verso le banche e buona parte di quanto spettava ai fornitori. Poi c’è l’altra partita: quella del nuovo avviamento dell’azienda. Ci sono vari interlocuzioni e ci sono possibilità più varie. C’è chi è pronto a comprare asset, magazzino e contratti commerciali e c’è chi vorrebbe entrare come investitore. Ci sono vari profili. Ma la quadratura del cerchio arriverà molto velocemente perché tutti sono consapevoli che più passa il tempo più il tutto si svaluta. È necessario quindi riavviare la macchina al più presto». In questi mesi però non tutto si è fermato e Meloncelli fa sapere che «la produzione di cucine a marchio Berloni è rimasta in piedi grazie a un terzista. Una soluzione temporanea, ma dobbiamo dire che fino ad oggi sono state vendute cucine per un valore di mezzo milione di euro. E tutto questo senza spingere, parliamo di ordini nuovi, non commesse che erano già in pancia o contratti in essere. È un chiaro segnale che il marchio funziona e che c’è tanto interessa attorno a questa azienda».
Lo scenario

Il capannone dovrà comunque ora essere sgomberato entro il prossimo primo novembre. Ma questo non è un problema. «Abbiamo già iniziato a liberarlo - puntualizza a questo proposito il professionista - ma il nuovo investitore non ha bisogno di quel tipo di una struttura sovradimensionata, forse tra le prime cause della crisi stessa dell’azienda. Ha dei costi altissimi e una nuova Berloni difficilmente può sostenerli». Qui si profila l’identikit di un possibile “mister x” che si dice pronto a rilevare l’azienda. «Si è fatto avanti un imprenditore del manifatturiero del territorio che ha necessità di espandere la sua attività e dunque portarsi dentro la Berloni. Ha un prodotto simile e una vasta rete commerciale. I tempi - conclude quindi Meloncelli- sono maturi».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico