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Il giorno dopo il temuto giudizio di Moody’s, il governo ha tirato un sospiro di sollievo. E può celebrare la sua manovra di bilancio «prudente» e «credibile», come da copyright del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, e che è riuscita nell’intento dichiarato di rassicurare investitori e mercati che il prossimo anno saranno chiamati a sottoscrivere emissioni di taglia maxi del debito italiano.
GLI STEP
La manovra, in tutte le dichiarazioni di maggioranza, è stata la vera “star” della (mezza) promozione dell’agenzia americana, che da tempo ha relegato l’Italia all’ultimo gradino del rating prima del “non investment grade”, il girone dei dannati del debito. Per Antonio Tajani, ministro degli esteri e segretario di Forza Italia, è la dimostrazione che «la strada intrapresa dal governo è quella corretta». Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario per l’Attuazione del programma, ha sottolineato come la promozione di Moody’s abbia «premiato la serietà del governo Meloni e l’attenta gestione dei conti pubblici fatta dal ministro dell’Economia Giorgetti». Per il ministro degli Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr, Raffaele Fitto, la valutazione dell’agenzia di rating è anche «un importante ed autorevole indicazione sulla rilevanza del lavoro che il governo sta portando avanti nella gestione e nell’attuazione del Pnrr». Passati dunque indenni gli esami, e senza più le pistole del rating puntate alla tempia, sarà ora più facile anche lavorare al maxi emendamento con le modifiche alla manovra. Le promozioni ottenute dalle agenzie rafforzano l’impostazione di Giorgetti, per cui qualsiasi modifica dovrà essere a saldi invariati.
Ma gli spazi per le limature andranno trovati.
I PASSAGGI
In manovra, sempre in tema di salute, potrebbe trovare spazio anche il finanziamento del bonus psicologo. I fondi per il 2023 e 2024 sono stati ridotti rispetto al 2022 e ora si cercano risorse per rimpinguarli. Sul tavolo poi, c’è anche il tema dell’Iva sugli assorbenti e sui pannolini. La manovra l’ha riportata al 10 per cento, dopo che era stata abbassata al 5 per cento.
Ma, come detto, ogni modifica dovrà avvenire a “saldi invariati”. Significa che se si aumenta la spesa su una voce, ce ne deve essere un’altra tagliata di pari importo. E questo perché se è vero che Moody’s ha confermato il rating e rivisto da negative a stabili le prospettive, è altrettanto vero che l’analisi dell’agenzia qualche avviso all’indirizzo del governo pure lo ha mandato. Sul taglio dell’Irpef, per esempio, per il quale ha parlato di «rischi per la traiettoria fiscale legati ad alcuni degli obiettivi politici del governo, in particolare sulla riforma dell’imposta sul reddito». Ma anche quando ha ricordato che dal 2025 in poi, il costo degli interessi sul debito diventerà superiore al tasso di crescita dell’economia. Che significa? In poche parole che per tenere sotto controllo il debito pubblico sarà necessario registrare nei conti un avanzo primario, le entrate cioè, dovranno essere maggiori delle spese. Dunque o si tagliano le prime o si alzano le seconde (il che vorrebbe dire aumentare le tasse). E nessuna delle due ricette è indolore.
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