I tre sub morti all'Argentario, lo strazio dell'amico: "Dovevo essere là sotto con lui"

Fabio Giaimo, il medico morto durante un'immersione all'Argentario
GROSSETO - Disperazione, lacrime e tanta rabbia ieri all’obitorio dell’ospedale di Grosseto, dove le famiglie delle vittime hanno raggiunto i familiari per il triste...

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GROSSETO - Disperazione, lacrime e tanta rabbia ieri all’obitorio dell’ospedale di Grosseto, dove le famiglie delle vittime hanno raggiunto i familiari per il triste rito del riconoscimento.






Una giovanissima piange, si dispera, la chiamano al cellulare, lei ringrazia. Ma da ieri il suò papà non c’è più. Ma non è la sola a soffrire.



«Dovevo esserci anche io là sotto». E’ disperato, ma trattiene le lacrime, perché deve essere forte, perché deve essere lui a riconoscere il suo amico, quel Fabio sempre solare, sempre pronto ad aiutare. «Era un mio amico, era un mio amico», continua a ripetere mentre passeggia nervosamente nel corridoio dell’obitorio. Dietro una porta gialla c’è Fabio Giaimo, quel medico anestesista-rianimatore che dopo il lavoro, dopo aver salvato vite umane, si dedicava alla solidarietà, a quell’associazione per aiutare i bambini del Malawi.



«NON ERANO IMPRUDENTI»

A raccontare con lo sguardo della tristezza e della disperazione la vita da leone di Fabio è Alberto Pedrotti, che da Castiglione del Lago è corso in Toscana non appena ha saputo. «Sono un sub anche io – dice Alberto – siamo esperti ma soprattutto prudenti. Fabio era un istruttore, aveva tre brevetti, conosceva bene i rischi delle immersioni e non avrebbe mai fatto qualcosa di pericoloso».



No, non lo avrebbe mai fatto. «Anche io dovevo partecipare all’escursione in Toscana, poi ho avuto un contrattempo e non sono più partito», racconta Alberto, mentre prova a fare da scudo al dolore dei familiari delle vittime. Perché intanto a Grosseto è arrivata la moglie di Fabio, anche lei medico nello stesso ospedale dove il dottore appassionato di immersioni aveva salvato tante vite. «Ancora non ci posso credere - dice Alberto – erano tutti esperti e in forma». Esperti e appassionati del silenzio della profondità del mare.



L’ULTIMA VOLTA AL GIGLIO

«Due settimane fa con Fabio ero andato a fare immersione all’Isola del Giglio – spiega Alberto – ci siamo divertiti, siamo stati bene, come sempre, anche in quell’occasione Fabio è stato prudente, e poi era un medico, sapeva bene fin dove poteva spingersi».



L’immersione di ieri mattina tra l’altro era quasi una routine. Erano immersi a circa 30 metri profondità e come spiegato dalla Guardia Costiera l’area dove sono stati trovati non ha alcun pericolo, non ci sono insidie, grotte o caverne. Ma qualcosa è andato storto, qualcosa ha spezzato la vita di Fabio, Gianluca ed Enrico. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico