Il vaccino anti-Covid potrebbe essere presto una realtà: il vaccino sperimentale MRna-1273, prodotto da Moderna e progettato contro il virus Sars-CoV-2, ha visto...
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«Primi dati dicono che funziona», avverte Burioni che aggiunge «non stappate lo champagne, perché non c'è nulla di definitivo. Quarantacinque pazienti seguiti per 57 giorni sono un niente rispetto ai miliardi di persone che dovrebbero essere vaccinate». «Però il nostro sentimento deve essere quello di una squadra di calcio che scende in campo davanti ai più forti del mondo, che dopo 20 minuti del primo tempo poteva essere sotto 0-4 e invece si trova a vincere 1-0. La partita è lunga e tante cose possono succedere, ma - credetemi - quella di oggi è davvero una bellissima notizia che legittimamente ci spinge a un notevole ottimismo», suggerisce lo scienziato.
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«Quello che richiedeva più o meno sei-otto anni è stato fatto in 66 giorni - sottolinea Burioni ricordano i risultati dello studio - Questo infatti è il tempo che è trascorso dalla definizione della sequenza del nuovo virus alla prima somministrazione del vaccino a un paziente. Se qualcuno mi avesse chiesto un anno fa: è possibile fare una cosa del genere? Io avrei risposto certamente no. Per fortuna la scienza va più veloce della nostra fantasia». «Questo vaccino segue una strada radicalmente innovativa - ricorda il virologo - infatti per vaccinare il paziente si inietta direttamente materiale genetico, che viene usato dalle cellule umane per sintetizzare la proteina del virus contro la quale si vuole che il paziente produca anticorpi. In altre parole, con i vaccini più tradizionali noi produciamo la proteina del virus in laboratorio, la purifichiamo e poi la iniettiamo nel paziente, che se tutto va bene produce anticorpi contro di essa. In questo caso invece la 'macchinà che produce la proteina è il paziente stesso. I vantaggi sono la velocità di sviluppo del vaccino e la facilità (ed economicità) di produzione; lo svantaggio è che non si sa se funziona».
LA PROTEINA S Nel vaccino americano «è stato usato del materiale genetico in grado di far produrre alle nostre cellule la proteina S, quella che permette al coronavirus di infettare le cellule.
L'altra faccia della medaglia sono «i risultati meno fantastici sul fronte della sicurezza: anche se non ci sono stati eventi gravissimi, la tollerabilità del vaccino non è stata eccezionale - osserva - Uno dei 45 partecipanti che ha ricevuto la dose più alta ha avuto addirittura la febbre fino a 39.6, niente di tragico, ma probabilmente sarà necessario lavorare per capire quale dose di vaccino offre il maggiore compromesso tra protezione e sicurezza, ma ripeto non sono emersi dati che mettano in pericolo la prosecuzione dello sviluppo». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico