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Giuseppe Cappello avrebbe ucciso Kristina Gallo perché per lui era diventato impossibile «mantenere in piedi il castello di menzogne che aveva costruito». In altre parole, perché «non è riuscito a mantenere il controllo delle due vite parallele che conduceva». Secondo i carabinieri è questo il movente del presunto femminicidio della giovane, trovata il 26 marzo 2019 nel suo appartamento, nuda e con le gambe sotto al letto.
Kristina, uccisa a 27 anni
Il «perché» del delitto è nelle 90 pagine di informativa del nucleo investigativo, che accusano il 44enne di aver assassinato la giovane donna con cui aveva una relazione, all'insaputa della compagna.
Nel frattempo è stato chiesto il rinvio a giudizio per omicidio aggravato dallo stalking e il 4 aprile, davanti al Gup, saranno ascoltati tutti i consulenti medico-legali che si sono occupati della vicenda: cruciale è infatti capire come sia morta la 27enne, con tre perizie che non hanno fatta chiarezza, mentre per la Procura Cappello l'avrebbe asfissiata, all'apice di una colluttazione.
Lui si è sempre proclamato innocente. Gli investigatori dell'Arma hanno ricostruito la relazione tra i due e come nel corso degli anni Kristina sia stata «minacciata, picchiata e soggiogata» da Cappello «che l'ha trascinata in un baratro di ozio, droga e isolamento». «A causa di Cappello e della sua gelosia ossessiva - scrivono i carabinieri - aveva perso il lavoro, non aveva amicizie, e si era allontanata dalla sua famiglia e persino dalla figlia di soli sette anni».
Corriere Adriatico