ROMA - Incatenati uno all'altro, così sembrano essere arrivati i terremoti che da quel terribile 24 agosto stanno scuotendo il Centro Italia. A spaventare, ora,...
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«Il sistema dell'Appennino - ha spiegato il sismologo Gianluca Valensise dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - è composto da faglie frammentate che nell'Italia Centrale hanno un'estensione media compresa fra 10 e 20 chilometri, mentre a Sud riesce a raggiungere 40 o 50 chilometri». Un sistema di faglie complesso, quello dell'Italia centrale. Nelle faglie dell'Appennino il rischio è che si crei un effetto domino per cui, ogni volta che si sveglia una faglia e si genera un forte terremoto, vengono toccate anche porzioni ancora intatte della stessa faglia o altre minori in prossimità. Così che, a catena, quelle più piccole si svegliano a loro volta generando altri terremoti, che altro non sono che le repliche del sisma principale.
Il risultato? «I sismi così frequenti nell'Italia centrale - spiega Valensise - sono generati da queste relativamente piccole faglie, collegate fra loro in un rapporto dinamico. Se non ci fosse stato il terremoto del 24 agosto, quello del 26 ottobre probabilmente sarebbe arrivato fra 10 o 100 anni». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico