Su Facebook scrive: «Mi sono rotta di questo posto di m...a». Licenziata. La Cassazione: giusto

Su Facebook scrive: «Mi sono rotta di questo posto di m...a», e viene licenziata. Per la Cassazione è giusto
Un post rabbioso su Facebook e ha perso il lavoro. È successo nel 2012 quando un'impiegata di 43 anni, residente a Forlì e invalida civile al 67%, scrisse...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Un post rabbioso su Facebook e ha perso il lavoro. È successo nel 2012 quando un'impiegata di 43 anni, residente a Forlì e invalida civile al 67%, scrisse uno sfogo contro il suo posto di lavoro sui social network provocando la reazione immediata dell'azienda. «Mi sono rotta di questo posto di m...a», il post incriminato, visto dal legale rappresentante dell'azienda, suo 'amico' sul web. 


Licenziata perché ha un tumore, l'annuncio a Pomeriggio 5: «È stata riassunta»

Licenziata perché nera, Fatima riceve un'offerta di lavoro da un imprenditore di Firenze



Marica, la mamma licenzata da Ikea. Il giudice respinge il ricorso

La donna cancello quanto scritto e decise di impugnare l'atto al tribunale del Lavoro, ma in primo grado e poi in appello i suoi ricorsi sono stati respinti dai giudici che hanno giudicato scorretto il suo comportamento. E per la Cassazione si è trattato di licenziamento per giusta causa definendo il post come «diffamatorio». La decisione definitiva è arrivata lo scorso 27 aprile. 

Cassiera ritaglia i punti premio del Mulino Bianco: licenziata

Secondo i magistrati «i social sono uno spazio pubblico, nel quale i contenuti potenzialmente diffamatori possono trovare un vasto eco. È venuto meno, in buona sostanza, il vincolo fiduciario che deve esistere tra azienda e dipendente».

«La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione - ha spiegato la Corte Suprema - per lapotenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone. Scrivere un post sul social realizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso per l'idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone con la conseguenza che, come nella specie, lo stesso è offensivo nei riguardi di persone facilmente individuabili». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico