ROMA - Concorso in omicidio premeditato e pluriaggravato. Questo il reato contestato dal pubblico ministero Francesco Scavo, nella richiesta di rinvio a giudizio, a Manuel Foffo e...
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Teatro dell’orrore è stato l’appartamento di via Igino Giordani in cui abitava Manuel Foffo. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, come si può leggere all’interno dell’atto, i due imputati “dopo aver fatto ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l’evento e dopo essere usciti di casa nella mattinata del 4 marzo ed aver girato in macchina per la vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita”, facevano rientro a casa a mani vuote. Anziché desistere dal proprio intento omicida, secondo quanto sostiene l’accusa che infatti ai due assassini contesta la premeditazione, i due avrebbero deciso di continuare la ricerca della loro vittima. Cosi Marco Prato contattava un suo conoscente, Luca Varani, su whatsapp, per invitarlo nell’appartamento con una scusa.
Il 23enne, non potendo minimamente sospettare quanto stava per succedergli, raggiungeva il suo amico. Nell’appartamento, sempre secondo la Procura, Luca veniva “fatta denudare” al fine “di ottenere una prestazione sessuale” e, con l’inganno, “gli veniva somministrata una bevanda all’interno della quale, a sua insaputa, (gli imputati) versavano un medicinale a base di GHB”. Il micidiale cocktail “stordiva Varani a tal punto da costringerlo ad andare in bagno” dove, per lui, aveva inizio la mattanza. Trascinato sul letto, Luca veniva martoriato con oltre 100 colpi sferrati con 1 martello e 3 coltelli e, dopo, subiva un tentativo di soffocamento. Un massacro che ha causato alla vittima un’agonia durata due ore. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico