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Fermi in quella piazza che era stata loro concessa, dopo il preavviso comunicato in Questura, ci sono rimasti meno di un’ora. L’intento era chiaro ma è stato sottovalutato. E quella che doveva essere una protesta statica si è trasformata in una guerriglia urbana tra le strade del centro di Roma come non se ne vedevano da tempo. Dal dissenso al Green pass che doveva - ancora una volta - essere espresso da un palco in una piazza si è passati in un attimo al lancio di bombe carta, fumogeni, bottiglie di vetro, bastoni e pezzi di ferro contro lo Stato.
Green pass, le Regioni: «Allungare durata dopo tampone o il 15 ottobre rischio caos nelle aziende»
La ricostruzione
Poco dopo le 16 i manifestanti da piazza del Popolo decidono di muoversi, sono capitanati dal movimento “Io Apro” - che lancia perfino una diretta social annunciando lo “show” - ma anche da Forza Nuova. Tra le chat di Telegram si legge: «Stasera ci prendiamo Roma». In piazza c’è sempre lui, Giuliano Castellino che verrà portato via in serata dalle forze dell’ordine e fermato in Questura, insieme al suo entourage che spinge e fomenta. Così in poco tempo l’onda di persone - almeno 6 mila - inizia a sfilare per i lunghi viali di Villa Borghese. Puntano al centro e le forze dell’ordine non riescono a contenerle. Arrivati a Porta Pinciana i manifestanti si dividono: una parte assalterà la sede della Cgil, colpevole, secondo questo manipolo di esaltati, di non difendere i lavoratori che saranno obbligati dal 15 ottobre a presentare il Green pass in tutti i posti di lavoro pubblici o privati. Distruggeranno portoni, finestre e sistemi di video sorveglianza nella speranza di cancellare ogni ripresa. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella esprimerà la propria solidarietà al sindacato, telefonando al segretario nazionale Maurizio Landini e lo stesso farà il presidente del Consiglio Mario Draghi: «I sindacati sono un presidio fondamentale di democrazia e dei diritti dei lavoratori. Qualsiasi intimidazione - si legge in una nota di Palazzo Chigi - nei loro confronti è inaccettabile e da respingere con assoluta fermezza». L’altro fronte invece prosegue dritto lungo via Veneto. Ed è qui, quando il gruppo arriva ai piedi di piazza Barberini, che partono i primi disordini ed esplode la violenza. «Libertà, Libertà», gridano i manifestanti che a volto coperto afferrano bottiglie e tutto quello che gli capita a tiro iniziando a lanciarli contro le forze dell’ordine che rispondono con i lacrimogeni.
La paura
I commercianti si barricano nei negozi, i turisti e le famiglie a passeggio per il centro della Capitale, in quello che doveva essere un normale sabato di ottobre, chiedono di entrare per mettersi al riparo.
A piazza Colonna un blindato viene piazzato davanti all’ingresso principale di Palazzo Chigi, non esiste memoria recente che possa ricordare quest’immagine. I manifestanti vengono respinti con gli idranti e i primi rivoltosi vengono fermati, caricati e portati in Questura. A fine serata il conto sarà elevato: più di quindici le persone identificate, quattro gli arresti. Ma loro non demordono e oltre alla guerriglia su largo Chigi ne scatta un’altra su via del Corso raggiunta da altri manifestanti che di fatto hanno invaso le vie del Centro della Capitale. Le persone afferrano sampietrini e pale da un vicino cantiere stradale, riparte l’offesa: sono le 21. Montecitorio è circondato ormai da ore. Dal mondo politico arriva la forte condanna bipartisan ma in piazza c’è di tutto: estremisti di destra, persone che si definiscono “anarchiche”, giovani dei centri sociali che accusano il governo di violare le libertà individuali mentre loro, i manifestanti, si sentono autorizzati per più di quattro ore a tenere in pugno con la violenza Roma e Milano.
L'oltraggio a Roma/ Scintille eversive da non sottovalutare
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Corriere Adriatico