Da chef a senzatetto a Roma: Gregorio, 44 anni, costretto a vivere in auto. «Ho perso tutto per il lockdown»

Da chef in Germania a senzatetto a Roma: il dramma di Gregorio, 44 anni. «Ho perso tutto per il lockdown»
La storia di Gregorio Perfetti, 44 anni, è drammatica. Fino a pochi mesi fa aveva un lavoro e una casa, ora dorme in auto e ha perso tutto: colpa della pandemia di...

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La storia di Gregorio Perfetti, 44 anni, è drammatica. Fino a pochi mesi fa aveva un lavoro e una casa, ora dorme in auto e ha perso tutto: colpa della pandemia di coronavirus, a seguito della quale è rimasto bloccato in Italia e ha speso tutti i suoi risparmi tra l’affitto di una stanza e il mantenimento per la figlia, che vive a Parigi con la sua ex moglie.


Gregorio ha raccontato la sua storia a Repubblica, in un’intervista video. Ogni giorno parcheggia in un’area commerciale ad Ariccia, o a Roma, si siede davanti alla sua macchina e chiede aiuto, con lo sguardo fisso sull’asfalto. Ho sempre lavorato, non avrei mai pensato di ritrovarmi in questa situazione, le sue parole, che fanno riflettere. Un caso che ha commosso a tal punto che su GoFundMe una raccolta fondi per trovargli una stanza e aiutarlo ha raccolto già oltre 2.600 euro.

«Ho provato a cercare lavoro e a chiedere aiuto a una parrocchia di Roma ma mi hanno detto che i fondi sono solo per la gente del quartiere - aggiunge - a quel punto mi sono chiuso. Per me già ritrovarmi così è una vergogna». «Quando c’è stato il lockdown il mio datore di lavoro in Germania mi ha chiamato, mi ha detto “ho bisogno di te, ma se non puoi tornare sono costretto prendere un’altra persona”. E che gli potevo dire?».


Da parte di chi lo incrocia e lo vede, però, la generosità «scarseggia», sebbene ci sia ogni tanto qualcuno che lo prende a cuore e gli dà un aiuto: «Cercare lavoro in queste condizioni, sporco, senza poter fare nemmeno una doccia, non è facile. Poi con questo caldo dovrei farne 20 al giorno, per fortuna ieri sera sono riuscito a lavarmi grazie ad un ragazzo». «Tanta gente si ferma, vede il passaporto e chiede: ma sei italiano? Qualcun altro chiede “ma perché non vai a lavorà”, ma io vorrei lavorare, ma nel campo della ristorazione è difficile che qualcuno assuma personale, hanno paura di non farcela. Mia figlia? Non sa niente della mia situazione, non voglio che lo sappia». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico