Nuovo colpo ai pirati dell'editoria. Oscurati 28 siti registrati a Panama, negli Usa e in Russia, che si appoggiavano a server europei e d'Oltreoceano, per generare link...
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L'indagine, avviata ad inizio 2020 e coordinata dalla Procura di Roma, è cominciata con un attendo monitoraggio della rete proprio nel periodo del lockdown per il coronavirus, quando questo fenomeno criminale ha avuto il suo boom. Per i pirati il meccanismo che permetteva di dileguarsi tra i byte era quello di sempre: registrare i siti web grazie a servizi offerti da provider extraeuropei accreditati, per assegnare nomi a dominio di secondo livello, in alcuni casi grazie ad applicazioni di “anonimizzazione” per mascherare qualsiasi reale identità. Solo successivamente ci si appoggiava a spazi web su altri server esteri in Olanda, Usa, Russia, Ucraina e Belize, in modo tale da rendere visibili i link ma far perdere le proprie tracce. A quel punto alcune delle pagine web venivano servite su canali di Telegram, che si basa sul sistema cloud e consente la condivisione di file di ogni tipo e dimensione tra un numero potenzialmente illimitato di utenti. Le attività investigative dei finanzieri proseguono sulla rete, anche in collaborazione con organismi istituzionali all'estero, per risalire all'identità degli 'edicolanti piratì, che rischiano da uno a quattro anni di carcere e multe fino a 15mila euro per aver diffuso abusivamente copie di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico