GARLASCO - «Ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d'insieme convergente...
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Alberto Stasi, nell'uccidere la fidanzata Chiara Poggi, agì con «dolo d'impeto» e «senza alcuna programmazione preventiva»: la sua condotta va inquadrata «come risposta immediata o quasi immediata ad uno stimolo esterno», scrive la Cassazione nelle motivazioni della condanna di Stasi per l'omicidio avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.
La prima sezione della Cassazione, il 12 dicembre dello scorso anno, ha confermato la condanna a 16 anni, respingendo il ricorso di Stasi e quello del pg di Milano che chiedeva proprio il riconoscimento dell'aggravante di crudeltà. A quest'ultimo proposito, i giudici citano il principio fissato nel processo a Parolisi per l'omicidio di Melania Rea. Stasi - scrivono i giudici - ha agito senza la volontà di «infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive».
Secondo la Corte di Cassazione, Chiara Poggi fu uccisa da Alberto Stasi con un'azione connotata da «un rapido susseguirsi di colpi di martello al capo della vittima, sferrati all'ingresso dell'abitazione, con rabbia ed emotività». L'omicidio - sempre secondo i supremi giudici - avvenne all'interno «'di un rapporto di intimità scatenante una emotività», come aveva sostenuto la Corte d'appello nelle motivazioni del processo-bis. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico