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La battaglia per l'eredità di Marella Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli, ha portato la procura di Torino a ingaggiare un braccio di ferro non solo con gli indagati, ma anche con i giudici. Al via oggi l’udienza sul ricorso presentato dalle difese dei fratelli Elkann, John, Lapo e Ginevra, e di Gianluca Ferrero, contro i sequestri effettuati nell’ambito dell’inchiesta. In particolare, il ricorso riguarda il ri sequestro di documenti, telefoni, pc e device disposto dalla procura nei primi giorni di marzo dopo che il Riesame accogliendo in parte il ricorso presentato dalle difese contro il sequestro effettuato il 7 febbraio scorso, ne aveva disposto la parziale restituzione alle parti.
I documenti
La tesi degli avvocati è duplice. Da un lato c'è la sproporzione fra le ipotesi di reato e la quantità di documenti prelevati dagli inquirenti.
Le 13 testimonianze
Tutto ruota intorno alla figura di Marella Caracciolo, moglie di Gianni Agnelli e nonna dei fratelli Elkann, deceduta nel 2019 a 92 anni. In vista dell'udienza di oggi i pm hanno depositato i verbali di 13 testimonianze acquisite fra i suoi collaboratori (la segretaria personale, gli infermieri, i domestici) per dimostrare che non viveva in Svizzera, come si voleva far risultare per eludere il fisco, ma in Italia. I magistrati scrivono che le deposizioni di almeno cinque di loro hanno "largamente" consolidato il quadro. Ce ne sono altri, però, che non confortano l'opinione degli inquirenti.
La residenza in Svizzera
Il nodo della residenza è cruciale. La procura vuole dimostrare che Marella avrebbe dovuto pagare in Italia le imposte sul suo intero patrimonio e che, alla sua morte, la tassa di successione doveva essere incamerata dal fisco italiano. Per cercare il 'tesoro' che appartenne alla donna i pm vorrebbero indagare ad ampio raggio, prendendo in esame anche i passaggi di quote in 'Dicembre', la cassaforte che controlla tutte le società del gruppo. Il riesame, il 2 marzo, aveva fortemente limitato il loro campo d'azione. Ora però in procura dicono che quella decisione non è stata corretta: gli accertamenti sono indispensabili per quantificare la dichiarazione dei redditi.
Il decalogo dei giudici
Non solo. I pm se la prendono anche con il 'decalogo' scritto dal tribunale con le indicazioni su come, quando e con quali tempi si possono sequestrare computer, telefonini, server. I giudici torinesi affermano di averlo composto sulla base delle sentenze che la Cassazione ha divulgato a partire dal 2020 aggiungendo che è in gioco addirittura "la salvaguardia dei dati da eccessive e ingiustificate aggressioni" perché bisogna "tutelare il sistema democratico da forme di controllo potenzialmente pericolose sopratutto in caso di derive autoritarie". I pubblici ministeri si chiedono da dove hanno ricavato queste considerazioni.
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