Emma Ruzzon, da paladina degli studenti alla confessione choc: «Lavoravo in nero, ho denunciato il mio titolare»

La giovane universitaria di Padova era diventata famosa dopo il suo discorso del febbraio 2023 nel quale aveva denunciato la difficile condizione degli studenti

Emma Ruzzon, da paladina degli studenti alla confessione choc: «Lavoravo in nero, ho denunciato il mio titolare»
Paladina dei diritti degli studenti universitari di Padova denuncia il datore di lavoro. «Ho detto basta e ho denunciato il posto di...

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Paladina dei diritti degli studenti universitari di Padova denuncia il datore di lavoro. «Ho detto basta e ho denunciato il posto di lavoro, perché lavoravo in nero»: Emma Ruzzonn ha deciso di postare il suo caso su Instagram, come simbolo delle condizioni di sfruttamento in cui si trovano i giovani di cui si è fatta in passato portavoce. La rappresentante degli studenti universitari di Padova era diventata famosa dopo il suo discorso del febbraio 2023 nel quale denunciava la difficile condizione degli studenti lanciando un grido di aiuto alle istituzioni.

La denuncia social di Emma Ruzzon

 

La giovane ha spiegato ai suoi follower: «Ho detto basta e ho denunciato il posto di lavoravo, perchè lavoravo i nero. Non è stato facile perché avevo paura. Pensavo di non trovare un altro lavoro e quindi temevo di ritrovarmi senza uno stipendio per un periodo indefinito di tempo. Non ho ceduto al ricatto tra diritti e privilegio. Penso che dobbiamo iniziare a parlarne». La narrazione, secondo Ruzzon, è sbagliata: «Non siamo pighi». I giovani - evidenzia - lavorano per mantenersi gli studi: «Per molti è impensabile mantenersi senza lavorare», considerato il costo della vita, tra affitto, libri e trasporti». 

Razzon critica chi sostiene che il lavoro in nero faccia comodo: «Non ci fa comodo sapere che non abbiamo diritti», il riferimento della giovane è a malattie, contributi e ferie estive. (malattia o ferie estive, contributi.

Cosa aveva detto Emma Ruzzon

La ragazza aveva acceso una luce sulle storie dei ragazzi e delle ragazze che si erano uccisi a causa delle difficoltà riscontrate negli studi o perché schiacciati dal peso delle aspettative sociali e familiari. «Ci viene restituito il quadro di una realtà che fa male, celebrate eccellenze straordinarie, facendoci credere che debbano essere ordinarie, normali. Sentiamo il peso di aspettative asfissianti che non tengono in considerazione il bisogno umano di procedere con i propri tempi, con i propri modi», aveva detto Ruzzon. 

 

 

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Corriere Adriatico