EBOLI - Gli demoliscono la casa abusiva, muore di infarto davanti alle ruspe. Salvatore Garofalo aveva 64 anni, viveva a Campolongo in via Caracciolo. In zona ci sono 12 case...
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I familiari di Garofalo e i medici del 118 hanno tentato invano di rianimare il paziente. Salvatore non si è più ripreso. I sanitari hanno constatato il decesso e hanno affidato la salma a un’agenzia funebre. Il pensionato viveva con un sussidio statale dopo il trapianto di un rene. Alla Marina di Campolongo si era trasferito 30 anni fa. Salvatore era originario di Poggiomarino ma aveva deciso negli anni Ottanta di costruirsi una casa a Eboli. L’anziano condivideva l’abitazione con la moglie Maria Izzo. Padre di tre figli (Enzo, Lucrezia e Domenica) Garofalo era rinato a nuova vita con l’arrivo di tre nipoti.
L’uomo aveva accolto nella casa in litoranea i tre piccoli minorenni. Giocava con loro da anni, li portava a mare, a lanciare pietre e raccogliere conchiglie. L’ordine di demolizione non è stato un fulmine a ciel sereno. Il bracco di ferro con lo Stato andava avanti dal 1998.
A raccontare i paradossi di questa storia e’ l’avvocato Damiano Cardiello: «Non appena il mio cliente ha saputo dell’imminente demolizione, ha avuto un infarto fulminante che non gli ha dato scampo. Vedere anni di sacrifici distrutti da una burocrazia ottusa e formale gli ha provocato un dolore immenso».
L’avvocato Cardiello parla di umiliazione da parte dello Stato. Il legale è infuriato per la dinamica deldecesso. La casa era abusiva ma secondo Cardiello c’erano almeno tre motivi per rinviare la demolizione. «Era la prima e unica casa di proprietà di Salvatore Garofalo». Pochi secondi dopo, il legale elenca gli altri motivi: «In quella abitazione vivono tre bambini minorenni. Garofalo aveva presentato anche una richiesta di concessione in sanitoria. Ma prima che il Comune si esprimesse sulla sanatoria, un sostituto procuratore ha disposto la demolizione dell’abitazione».
L’avvocato Cardiello dichiara di aver presentato anche un ricorso alla Corte di Appello di Salerno. Ma i giudici ancora non si erano espressi.
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Corriere Adriatico