PADOVA - Rompono il silenzio i compagni di Domenico Maurantonio, e si difendono dall'accusa di essere «dei traditori» dell'amico. «Noi eravamo i primi a voler parlare -...
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Ma «da Milano - precisa - la Polizia ci ha dato ordine di non parlare, di non rendere noti particolari delle indagini». Sono parole pronunciate sotto anonimato da uno studente della 5E, la classe di Domenico. «Non vogliamo assolutamente - sottolinea - che Domenico passi come il ragazzo tradito dagli amici. Non è così, lui era uno di noi».
Il giovane aggiunge che lui e i compagni di classe sono stati «collaborativi al massimo con gli investigatori. Ci siamo sottoposti volontariamente al prelievo del dna». Il testimone non può svelare naturalmente nulla di quanto è stato detto negli interrogatori: «abbiamo riferito - sostiene - che neanche noi sappiamo cosa è successo quella notte, non abbiamo visto nè sentito. Abbiamo potuto solo fornire agli inquirenti gli stati d'animo di Domenico che abbiamo percepito nelle ore precedenti la sua morte». Il ragazzo ha confermato la cronologia dei fatti, già nota agli investigatori e uscita poi anche sui media: il rientro in albergo della comitiva verso le 21.30, l'appuntamento nella hall dell'hotel alle 22.30, una pizza ordinata alle 23, mangiata anche da Domenico, e poi la baldoria nelle stanze, fino alle 5 del mattino.
«Alcuni erano alticci - ha raccontato il giovane al quotidiano padovano - altri sobri, nessuno ubriaco.
Corriere Adriatico