Distrazioni fatali: cosa può salvare un bambino dimenticato in auto?

Distrazioni fatali: cosa può salvare un bambino dimenticato in auto?
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ROMA - Il termine tecnico è “morte per ipertermia”. È quella che colpisce i bambini dimenticati in auto sotto il sole da mamme o papà che peraltro, nella quasi totalità dei casi, sono persone normalissime, sempre attentissime, amorevoli, all’altezza del loro compito.

Un giorno, incredibilmente, succede.
Leggiamo queste notizie e non possiamo restare indifferenti. Ci immedesimiamo nello strazio dei genitori, pensiamo a quella ferita che non si rimarginerà più. Gli incubi. Gli strascichi giudiziari. Il processo. La disperata ricerca di capire che cosa sia successo.
Si dice che questi fatti fossero abbastanza rari in passato, e che siano cresciuti in maniera esponenziale dopo l’avvento degli Airbag di serie e la conseguente collocazione, per ragioni di sicurezza (!), dei seggiolini per bambini sui sedili posteriori, con orientamento nel senso di marcia. Là dietro, però, i bambini non si vedono e non si sentono...
La reazione a queste notizie è però di solito una sola: “a me non potrebbe succedere mai!” E così ci tranquillizziamo e esorcizziamo l’incubo. Ripercorriamo i nostri tragitti con un bebè a bordo, ci sembra che la nostra attenzione fosse sempre focalizzata sul bambino, sulle sue esigenze, sul suo benessere. “Come potrei scendere e dimenticarmelo?”. In realtà i numeri sono impressionanti e il fenomeno non si arresta. Solo negli Stati Uniti i casi sono aumentati nel 2016 del 230% e l’estate non è finita. In un sito dedicato a questo argomento (kidandcars.org), un fisiologo e neuro-scienziato americano, Daniel Diamond, sostiene che black out del genere nascono da un conflitto tra il sistema di memoria prospettica e quello della memoria abituale gestite da diverse aree del cervello, una più evoluta e una più “primordiale”.
Moltissime volte le conseguenze di questo conflitto e della prevalenza della memoria abituale sono solo fastidiose, nel caso dei bimbi dimenticati in macchina ovviamente drammatiche. Altri ritengono che nel cervello si formino dei “ricordi falsi”, se fai sempre la stessa cosa su un tragitto prestabilito, ti sembrerà di averla fatta anche se quel giorno lo hai dimenticato. Che cosa si può fare? Vedo che non si sono fatte attendere, purtroppo, delle “app” dedicate. Le app hanno una sorta di funzione “salvifica”, come se solo la loro esistenza fosse già “la soluzione”. Il problema è ben più complesso di quello affrontabile con l’app taumaturgica e deve tener conto del fatto che nessuno o quasi ammette che a lui potrebbe succedere. In realtà può succedere a tutti e già questa consapevolezza può modificare i nostri comportamenti. Il sito del ministero della salute raccomanda di non lasciare bambini da soli in macchina. E ci mancherebbe, mi viene da dire! Non si tratta di azioni volontarie. Comunque bisogna ricordarsi che – anche se fa abbastanza fresco – la temperatura in una auto chiusa ed esposta al sole potrebbe salire in fretta a livelli di guardia e non è il caso di correre rischi. L’unica strada effettivamente percorribile è quella delle tecnologie di allarme installate nell’auto, finalizzate a rilevare la presenza di persone sull’auto. Se le auto sono sempre più “connesse” e intelligenti, questo tipo di allarme non appare di difficile realizzazione.

E se, invece, tenessimo la testa più unita al cervello? …che ne dite? Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico