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Le parole della studentessa
Il racconto dell'ex studentessa, nata negli anni Novanta, ai giudici è scioccante. «Non mi piace prostituirmi. Non mi piace l’atto sessuale, ma quando fumo il crack ne voglio sempre di più. E se non ne ho, se non me lo danno subito, perdo l’embolo. Per questo lo faccio. A quelle feste ci sarei andata comunque, perché per il crack faccio qualsiasi cosa».
Il giro di prostituzione
Srudentesse, lavoratrici, madri insospettabili nel tunnel nella tossicodipendenza si prostituivano “a chiamata” nella casa di via Urbino, a Torino, e lì ricevevano la droga. «L'ex studentessa spiega che nella casa degli orrori i clienti chiamavano, venivano e avevano rapporti con tutti. Pagavano il crack e basta. Si mettevano lì e fumavano. Il crack purtroppo ti porta a volerne sempre di più», ribadisce in aula la giovane, che dal tardo pomeriggio all’alba del giorno dopo riusciva a incontrare finanche 40 clienti. Uno dopo l’altro. E tutto solo per il crack.
Il dibattimento
Si è chiuso giovedì 5 marzo il dibattimento per la vicenda che già nel 2021, dopo la denuncia di alcune donne, aveva portato i carabinieri a indagare su festini a base di crack in cambio di sesso. I primi accertamenti erano nati dopo che una donna si era rivolta ai carabinieri di Settimo, già nel periodo iniziale del Covid.
Sul banco degli imputati i due presunti complici del trans che gestiva la casa, condannato lo scorso aprile in abbreviato a due anni e otto mesi di reclusione e 3mila euro di multa per sfruttamento della prostituzione. I due presunti complici sono stati entrambi assolti. Due spacciatori che rifornivano la casa avevano patteggiato sempre ad aprile pene a oltre un anno di reclusione. A uno erano state contestate oltre 108 cessioni di droga.
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