Un gruppo di 125 scienziati, tra cui 15 premi Nobel, hanno rilanciato un appello destinato a far discutere, convinti che si tratti di una strada opportuna contro...
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In una lettera aperta al capo dei National Institutes of Health degli Stati Uniti, Francis Collins, il gruppo afferma che i cosiddetti «trial challenge» potrebbero accelerare lo sviluppo del vaccino contro Covid-19. Un approccio ardito dal punto di vista etico, che però secondo il direttore del programma vaccinale Covid-19 dell'Università di Oxford (che sta sviluppando un vaccino ad hoc, con Irbm e AstraZeneca, ndr), dovrebbe essere «fattibile», come riferisce la Bbc online.
Attualmente sono 23 i candidati vaccini contro il coronavirus protagonisti di studi clinici in tutto il mondo. L'unico modo per sapere se funzionano, è vedere se un numero sufficiente di volontari vaccinati ed esposti al coronavirus nella vita quotidiana non vengono infettati. Ciò però potrebbe richiedere anche molti mesi, dato che diversi studi sono stati condotti in Paesi in cui i tassi di infezione stanno diminuendo. Questo preoccupa l'organizzazione '1 Day Sooner', composta da oltre 100 personaggi di spicco tra cui 15 premi Nobel, convinta che tutto questo non dovrebbe essere lasciato al caso.
L'idea è che giovani volontari sani ricevano deliberatamente il coronavirus dopo il vaccino: secondo i ricercatori i rischi per la salute di questi volontari sarebbero bassi, ma i potenziali benefici per la società enormi. «Se i challenge trial possono accelerare in modo sicuro ed efficace il processo di sviluppo del vaccino - scrive il gruppo nella lettera - allora c'è un formidabile elemento a favore del loro uso, che richiederebbe una giustificazione etica molto convincente da superare».
La lettera a sostegno di questo tipo di studi è stata firmata, tra gli altri, dai Nobel Mario Capecchi, del Department of Human Genetics, University of Utah School of Medicine, Carol Greider della Johns Hopkins University School of Medicine e Lou Ignarro, emerito dell'Ucla School of Medicine, ma anche da Adrian Hill, direttore del Jenner Institute dell'Università di Oxford, che possiede uno dei principali prototipi di vaccino contro il coronavirus.
Corriere Adriatico