Cinghiali, chiede il porto d'armi per difendersi. Il Tar dice di no: non mancano le polemiche

Cinghiali, chiede il porto d'armi per difendersi. Il Tar dice di no
Niente porto d'armi per difesa personale se la pistola serve per sparare ai cinghiali. A chiarire il principio è una sentenza del Tar Pescara, pubblicata lunedì...

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Niente porto d'armi per difesa personale se la pistola serve per sparare ai cinghiali. A chiarire il principio è una sentenza del Tar Pescara, pubblicata lunedì scorso, che ha respinto il ricorso di un pescarese condannato anche a pagare le spese di giudizio. L'uomo nel 2018 si era rivolto alla Prefettura di Pescara chiedendo il rilascio della licenza di "porto di pistola" per difesa personale. Troppo pericolosa, sosteneva, la zona dove abitava; un quartiere isolato, non immune da reati violenti contro il patrimonio e la persona, e soprattutto invaso dai cinghiali.

I Carabinieri, ai quali la Prefettura aveva affidato l'incarico di valutare se ricorressero gli estremi per giustificare la richiesta, si erano espressi con parere negativo nonostante i requisiti personali di buona condotta dell'uomo. I militari avevano concluso l'istruttoria senza ravvisare particolari criticità legate alla sicurezza pubblica, ed evidenziando che la presenza di animali selvatici è ovviamente irrilevante ai fini del rilascio del porto di pistola per difesa personale. Contro il decreto di rigetto l'uomo ha proposto ricorso al Tar.


I giudici non hanno condiviso i motivi del ricorso. Secondo il Tar «l'autorizzazione di polizia chiesta dal privato per detenere l'arma non può essere rilasciata per finalità di difesa dalla fauna selvatica» in base a principi «che non consentono di armare cittadini per finalità diverse da quella di difesa personale da atti malavitosi». Senza considerare la pericolosità «di interventi di abbattimento estemporanei in territori abitati da parte del soggetto armato, ogni qualvolta quest'ultimo si ritenga messo in pericolo dalla presenza di uno o più cinghiali. Nel caso di specie il ricorrente, professandosi esperto cacciatore, intenderebbe ottenere un'autorizzazione al porto di armi per intervenire al bisogno (è da presumere secondo sue valutazioni di pericolo specifico) con la propria pistola e di sua iniziativa per sopprimere cinghiali che dovessero aggirarsi in zona, anche in presenza più o meno visibile di passanti».

I giudici hanno anche ricordato che la caccia al cinghiale «presuppone una squadra debitamente armata di cacciatori ad hoc, in grado di accerchiare l'animale in modo sicuro e risolutivo, evitandogli reazioni rabbiose». E non c'entra la norma approvata di recente all'interno dell'ultima legge di bilancio sull'abbattimento di cinghiali in zone abitate, perché il ricorso è antecedente. Tra l'altro, anche la recente normativa «lungi dal consentire interventi lasciati all'iniziativa di un singolo, prevede l'adozione di piani autorizzati dalle regioni, con il coordinamento degli agenti dei corpi di polizia regionale».
 

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Corriere Adriatico