BELLUNO Non ha avuto timore di lottare per i propri diritti scritti nero su bianco su quei due buoni fruttiferi postali e mettersi anche contro un gigante come Poste Italiane. Ha...
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LA STORIA
Alla scadenza, a inizio 2020, si era presentato negli uffici delle Poste all’incasso. Il buono cartaceo era del 1982 serie “O”, ma era stato fatto firmare nel 1989, con timbro di aggiornamento sul retro della serie “P” e poi “QP”. Mastellotto è andato preparato, avendo letto di casi in cui le Poste hanno applicato tassi sfavorevoli. Si è affidato allo studio legale Righes e ad un perito. Ma Poste la pensa diversamente: all’incasso gli era stato riconosciuto il tasso più sfavorevole, ovvero 27mila euro per buono. Eppure secondo quanto riportato dal timbro sul retro e dallo schema stampato sul buono, avrebbero dovuto pagare 61mila 719,45 euro ciascuno per un totale di 123mila 438,90 euro. Seguì una diffida ad adempiere inviata dall’avvocato Comis a cui Poste non fece seguito e il caso è arrivato di fronte al giudice. «Ci siamo rivolti al Tribunale - spiegano dallo studio Righes - stante la specificità del caso, per il quale si è proceduto con decreto ingiuntivo». Ovvero uno strumento rapido, efficace per il creditore.
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IN TRIBUNALE
E così è stato. Nonostante il lockdown e l’emergenza sanitaria il Tribunale in modo molto celere ha accolto le richieste del risparmiatore. Letto il ricorso a metà giugno il giudice Umberto Giacomelli ingiungeva a Poste italiane il pagamento della somma di euro 123mila 438,90 euro oltre interessi e spese legali di procedura, entro 40 giorni. Ovviamente Poste potrà opporsi e la battaglia potrebbe proseguire. Ma già questo primo provvedimento infonde speranza a Giobbe Mastellotto, che se si fosse piegato all’offerta di Poste avrebbe perso più di metà del suo investimento. E invita a lottare rivolgendosi a chiunque si ritrovasse in casi come il suo. «Non abbiate timore -dice - e battetevi per i vostri diritti». Vale per i buoni emessi dopo il 1986, per quelli ante 1986 ci sono sentenze che non lasciano spazio.
IL CASO
Il buono di Mastellotto è del 1982 serie “O”, ma viene fatto firmare nel 1989, con timbro di aggiornamento sul retro della serie “P” e poi “QP”. Sono proprio questi i casi che in diverse sentenze sono stati accolti. Certo questa prima vittoria non era scontata. Dietro c’è una questione giuridica e le Poste hanno una loro tesi che motiva quel calcolo, inviata anche in risposta alla diffida ad adempiere. Ma Mastellotto si dice «soddisfatto e ottimista vista la precisione con la quale è stata portata avanti la cosa e la velocità della decisione». Dallo studio Righes invece l’avvocato Alexis Comis e il dottor Marco Righes «ritengono molto importante la pronuncia del Tribunale di Belluno, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista di giustizia sostanziale». «Per quel che riguarda la giustizia sostanziale - spiegano dallo studio - il Tribunale ha concesso al risparmiatore l’importo previsto sulla base di fatti indicati dai buoni fruttiferi sui quali il signor Mastellotto aveva fatto affidamento per ben 30 anni. Dal punto di vista tecnico i professionisti dello studio sono lieti di essersi visti riconoscere i presupposti specifici del ricorso per decreto ingiuntivo, ossia la certezza la liquidità e l’esigibilità del credito derivante dai buoni fruttiferi. Così garantendo al cliente un rapido mezzo di giustizia».
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Corriere Adriatico