Il piccolo Yulen è ancora nel pozzo, ma i soccorsi che lavorano giorno e notte da domenica per cercare di trarlo in salvo sperano di localizzarlo entro le prossime 24-48...
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Intanto il papà del bambino ieri si è sfogato, dopo due giorni di disperati e vani tentativi di salvataggio: «Non ce l'ho con nessuno. So che dal primo all'ultimo tentano di aiutare, ma non vedo i mezzi che sarebbero necessari in questi momenti. Penso solo a tirare mio figlio fuori di là, e che mi dica papà», le sue parole davanti le telecamere delle tv, che seguono in diretta la corsa contro il tempo dei soccorsi per raggiungere il piccolo a 110 metri di profondità. «Ci informano col contagocce. Tutto questo è durissimo, di una lentezza insopportabile. Quando vuole, il governo è molto rapido. Noi siamo morendo, con mia moglie siamo già morti. Non mi posso muovere da qui. E dove andrei? Sono già così lontano da mio figlio», lo sfogo tra le lacrime.
PROBLEMI NELLE OPERAZIONI La sonda robot con le telecamere e le pompe impiegate per estrarre il terreno franato a un'ottantina di metri nel condotto dove è precipitato Yulen sono stati bloccati da un 'tappo' di materiale. Per cui la guardia civile, che coordina le operazioni, ha avviato un piano alternativo, con l'escavazione di una galleria orizzontale, fa i 50 e gli 80 metri di lunghezza, per tentare di arrivare al piccolo, finora non localizzato.
Polemiche per «la mancanza di esperienza» e «le improvvisazioni» in un intervento in condizioni estreme sono state sollevate dal sindaco di Totalán, Miguel Angel Escao, che ha riconosciuto: «È stato necessario improvvisare sul terreno varie soluzioni, tutte finora inefficaci». «Ma non ho perso fiducia nelle forze di sicurezza dello Stato», ha aggiunto, nell'informare dell'arrivo di altri mezzi e del possibile impiego di un georadar per l'individuazione del piccolo.
Nel pomeriggio di ieri, otto specialisti della Brigata di Salvataggio nelle Miniere sono giunti in aereo dalla regione delle Asturie.
Corriere Adriatico