Brian Angel era un ragazzo generoso, estroverso, innamorato della vita e con un sogno nel cassetto: diventare calciatore professionista. Non sapeva che la vita, che con lui...
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Caricato immediatamente su un'ambulanza, il ragazzino è stato portato al Memorial Hermann Hospital dove per due giorni i medici hanno tentato di tutto per salvarlo. Venerdì è morto per la gravità della ferite riportate, ma fino all'ultimo, prima di arrendersi per sempre, ha pensato agli altri prima che a se stesso, tentando di incoraggiare i parenti e dicendo loro di non preoccuparsi perché sarebbe andato tutto bene. Poi, quando evidentemente ha capito che non ce l'avrebbe fatta, ha rivolto le ultime parole della sua vita a suo fratello maggiore raccomandandogli di prendersi cura del loro fratello più piccolo, del padre e della madre. Subito dopo la sua morte, la polizia è andata a casa dell'aggressore e lo ha arrestato con l'accusa di omicidio: trattandosi di un minorenne la sua identità non è stata comunicata.
Domenica sera centinaia di persone, tra cui gli studenti e i docenti della Jane Long Academy, hanno partecipato a una veglia a lume di candela per piangere la morte di Brian Angel. Il preside della scuola, Kerri Wittpenn, ha raccontato ai partecipanti di aver appreso della tragedia mentre usciva dallo studio di un pediatra dopo una visita a suo figlio appena nato. "Mi sono seduto e ho pianto - ha detto - cercando di capire perché uno dei nostri studenti non è tornato a casa sano e salvo e come un genitore possa affrontare la morte di un figlio. Continuavo a pensare quanto fosse ingiusto tutto ciò: non capisco perché sia accaduta questa tragedia, e ho tante domande da fare a Dio, ma ancora non riesco a trovare una sola risposta". Quelle stesse domande che l'intera comunità dovrà continuare a porsi per capire quali tensioni possano nascondersi tra tanti adolescenti, tali da trasformare uno di loro in un killer che ha spazzato via per sempre i sogni di Brian Angel. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico