ASCOLI - Le indagini della Procura militare sui presunti abusi degli istruttori della caserma Clementi hanno portato a dodici indagati per violenze, minacce e ingiurie. Tra questi...
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Numerose reclute della caserma "Clementi" di Ascoli Piceno, sede del 235° Reggimento "Piceno", sono state ascoltate dal procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, nell'ambito dell'inchiesta aperta sui fatti emersi dopo l'omicidio di Melania Rea. "Vogliamo - disse il procuratore due anni fa - approfondire alcune circostanze emerse finora per stabilire se sono raffigurabili reati". Uno su tutti, quello previsto dall'articolo 146 del codice penale militare di pace: minaccia a un inferiore per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
La procura militare, in sostanza, ha indagato per capire se da parte di uno o più istruttori siano state attuate minacce nei confronti delle reclute anche per indurle, nel caso specifico, ad intrattenere relazioni o avere rapporti di natura sessuale.
L'accusato principale è il sergente G. M. che alla fine della giornata invitava le allieve nell'Ufficio del plotone, dove, pare, ci provasse con loro, anche con discreto successo.
Nei guai è finito, per la seconda volta, ma ora non per omicidio, Salvatore Parolisi, che pare avesse offerto da bere alle soldatesse, sempre nell'Ufficio del plotone, dopo la mezzanotte. "Lo stanno indagando per averle ricevute al termine dell’addestramento, lui però dice che non è andata così", commenta il suo avvocato, Federica Benguardato.
La procura militare di Roma, però, afferma che ha commesso un reato, cioè la violata consegna continuata ed aggravata, poiché un militare "deve accertarsi che tutte le porte dei locali siano chiuse e durante l’arco del servizio vigila sul contegno dei militari del reparto".
Oltre a Parolisi e al sergente G. M. sono finiti sotto la lente d'ingrandimento anche sette caporali e tre allieve della stessa caserma. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico