OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
SAN BENEDETTO - Nove ore e mezza al Pronto soccorso seduto su una sedia a rotelle tra dolori lancinanti e le angosce e i dubbi per un non facile percorso post operatorio; in attesa di un consulto o di un responso che potrebbe dare più dubbi che risposte. È l’odissea vissuta nei giorni scorsi da M.C., 46 anni, commerciante di Cupra Marittima, al Pronto soccorso dell’ospedale Madonna del Soccorso.
Un’attesa la sua interminabile per dei malori che hanno richiesto anche delle consultazioni con medici di altri reparti che però tardavano a venire. Insomma, una sorta di “Aspettando Godot” della sanità con in questo caso Didi e Gogo che devono fare i conti non solo con il tempo ma pure con dolori lancinanti.
Il racconto
C’è poco da scherzare, quando il commerciante cuprense inizia il suo racconto si capisce che il malessere era forte ma lo sconcerto ancora di più.
Al Pronto soccorso
«Alle 8 circa arrivo al Pronto soccorso, mi fanno sedere su una carrozzina in pessime condizioni, era molto datata. Mi parcheggiano nel corridoio per ben un’ora mentre nella stanza di osservazione del Pronto soccorso c’erano due persone. Vengo quindi visitato e mi viene detto che mi verrà iniettato endovena antidolorifico».
Occorre pazientare
Fino a qui tutto ok. Poi inizia l’attesa. « Passa un’ora e niente, ne passano due e niente ancora, passano tre ore e inizio a protestare. Ero scomodo e i dolori persistevano. Un infermiere gentilissimo ed educato mi sposta dal corridoio alla sala. Passa un’altra ora e i dolori ancora in aumento. Il personale, gentile, chiede per me e torna dopo 10 minuti dicendo che devo pazientare fino alle 14 perché non c’è l’ecografista disponibile. E scopro che al Madonna del Soccorso non c’è tac, risonanza ed ecografista per il Pronto soccorso». «Alle 15.30 inizio ad innervosirmi: sono dalle 8 in carrozzina dopo un intervento alla schiena fatto 7 giorni prima. Mi viene data solo una risposta: devo pazientare. Ora il Pronto soccorso è pieno. A questo punto non resisto più ai dolori e chiamo pure l’avvocato. Arriva quindi l’infermiera del nuovo turno che chiama il dottore e avvisa della situazione e dopo 30 secondi mi portano da lui. Stessa identica procedura fatta 7 ore prima (pure stesse domande) mi fanno un’ecografia alla gamba. Serve però una radiografia, mi riparcheggiano in sala di osservazione, passa un’altra ora mezza e decido di firmare e andarmene iniziando a togliermi l’ago da solo. Arriva allora il dottore, mi dà il referto. Per la terapia?... devo chiedere al mio medico di base. E me ne ritorno a casa».
Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico