Gay pride alla Rotonda Giorgini nella città dove il sindaco non sposa gli omosessuali. «Ci prenderemo i nostri diritti»

Un gay pride
SAN BENEDETTO - Il Gay Pride marcerà, per la prima volta, anche su piazza Giorgini. L’appuntamento è per sabato 24 luglio alla Rotonda e ad organizzarlo...

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SAN BENEDETTO - Il Gay Pride marcerà, per la prima volta, anche su piazza Giorgini. L’appuntamento è per sabato 24 luglio alla Rotonda e ad organizzarlo è l’associazione Libere Tutte. «Abbiamo deciso di portare il Pride a San Benedetto – afferma l’associazione - vogliamo fare vedere che noi ci siamo, che la “Cenerentola delle Marche” si schiera al fianco di chi non vuole etichette sul proprio orientamento sessuale. È anche per questo che il Pride nel Piceno arriva quasi un mese dopo la grande adunata di Ancona, così da non sovrapporre gli eventi e dare modo a tutti coloro che vorranno di partecipare a ogni occasione di unione, festa e lotta».

 


L’occasione
«Una lotta che non si ferma - continuano -. Perché non vogliamo diritti al ribasso, li vogliamo tutti e ce li prenderemo». Sarà un’occasione anche per discutere del disegno di legge Zan, che prende il nome dal deputato del Pd Alessandro Zan, e prevede l’inasprimento delle pene contro crimini e discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili. Un tema sentito in città: il sindaco Piunti non ha celebrato matrimoni omosessuali come aveva annunciato in campagna elettorale ma i suoi amministratori sì. 


La discussione


Ma la discussione è aperta. Libere Tutte nasce come gruppo transfemminista ed opera nella provincia di Ascoli. «Una lotta- spiegano le associate - che parte dal 1969 allo Stonewall Inn, bar gay di New York in cui iniziò la ribellione contro le violenze sistematiche della polizia verso la comunità gay, lesbica e trans. La lotta non è ancora finita. Prima con le unioni civili ed ora con il DDL Zan che si vuole epurato dal concetto di identità di genere. Mentre chi si autodefinisce progressista porta avanti la dialettica del “meglio di niente” per non turbare gli equilibri elettorali di quell’Italia che ancora parla di “cose da maschio e cose da femmina”. Intanto però, le continue aggressioni fisiche, verbali e psicologiche che la comunità omosessuale subisce permangono». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico