San Benedetto, Cardiologia (dopo lo scippo del 2016) si ribella: «Salviamo più di 300 vite l'anno, l'Utic ci spetta di diritto»

Il reparto di cardiologia, a destra il primario Maurizio Parato
SAN BENEDETTO - «La Cardiologia di San Benedetto svolge da sempre le funzioni di una Utic trattando oltre 300 pazienti l’anno, merita solo che tutto questo le sia...

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SAN BENEDETTO - «La Cardiologia di San Benedetto svolge da sempre le funzioni di una Utic trattando oltre 300 pazienti l’anno, merita solo che tutto questo le sia riconosciuto formalmente». L’appello del primario Maurizio Parato arriva alla vigilia della nomina del nuovo direttore generale che dovrà porre mano al Piano con il quale si individuano le linee guida della sanità sul territorio targata Acquaroli e “chi deve fare cosa” della nuova Ast. 

 


Le motivazioni


«Quello che i cittadini devono sapere - spiega il medico - è che noi non abbiamo mai rifiutato un paziente bisognoso di un trattamento importante. L’unità di terapia intensiva cardiologica (Utic ndr) di fatto è sempre esistita ma ora sarebbe necessario che lo fosse anche di diritto perché noi abbiamo fatto il Giuramento di Ippocrate e se il Pronto soccorso ci manda un paziente che ha bisogno di questo tipo di terapie sappiamo farlo e dobbiamo farle, quindi dobbiamo intervenire in scienza e coscienza».

Cosa che a San Benedetto, era riconosciuto, anche formalmente, fino al 2016. Poi arrivò la precedente amministrazione regionale e tolse il cosiddetto Codice 50 a tre Cardiologie marchigiane: Camerino, Senigallia e appunto San Benedetto. Quest’ultima, tra l’altro, sin dagli Anni Ottanta si era segnalata per capacità innovative: con il professor Floris (proveniente dal San Camillo di Roma) è stata tra le prime a impiantare i pacemaker; con il dottor de Curtis fu indicata da un’indagine indipendente commissionata dal ministero della Salute come il reparto dove, in assoluto, in Italia, si moriva di meno per incidenti cardiovascolari tra i piccoli ospedali. Una tradizione che, quindi, che Parato non intende interrompere, anzi, il suo obiettivo sembra proprio essere quello di riprendere dopo l’interruzione. Le motivazioni per precedente il diniego furono le solite: la mancanza di personale.

«Per garantire il servizio - spiega ancora Parato - servirebbero 4 infermieri e 2 dottori in più. Noi con soli 4 posti letto riusciamocomunque a tamponare le situazioni più gravi anche d’estate quando la popolazione arriva a 200mila abitanti».


I paragoni


«Ascoli - chiude Parato - ha 6 posti letto ma se arriva una persona in fin di vita noi non possiamo mandarla lassù: sia perché nel frattempo la perderemmo per strada sia perché i posti che ha il Mazzoni sono appena sufficienti per i loro bisogni». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico