SAN BENEDETTO - Il conto è esorbitante, nell’ordine delle decine di milioni di euro, probabilmente una cinquantina. Sono i soldi che che, in tempi brevi, forse un anno,...
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Sono più di 700 coloro che si sono rivolti agli avvocati per interrompere la prescrizione e presentare le carte, la maggior parte di coloro che già ebbero un parziale rimborso dalla Regione ma che ora possono nuovamente battere cassa al ministero delle Infrastrutture, condannato in via definitiva dalla Cassazione, dopo cinque gradi di giudizio penale, nella persona del proprio ingegnere capo, Vincenzo Mattiolo, ritenuto responsabile del restringimento dell’alveo del fiume e quindi del disastro che coinvolse tutto il centro abitato di Porto d’Ascoli.
I 700 tra cittadini e imprese medio piccole hanno potuto beneficiare della determinazione di altre grandi imprese che, negli anni scorsi, hanno presentato la richiesta di risarcimento danni in sede civile e sono state liquidate già per cinque milioni di euro complessivi.
“In arrivo - spiega l’avvocato Roberta Alessandrini che segue circa 500 casi - ci sono i risarcimenti per un’altra ventina di aziende che si sono accodate negli anni scorsi. Mentre per i cittadini e le piccole imprese che si sono mosse in quest’ultimo anno comunque si preannunciano tempi brevi”.
“Il conto è molto alto - spiega ancora Alessandrini -: perché basta prendere la richiesta di risarcimento che fu inoltrata nel 1992, togliere il rimborso già riconosciuto dalla Regione e aggiungere la rivalutazione e gli interessi. Su 10.000 euro di danno riconosciuto se ne prenderebbero 30.000. Almeno così è accaduto per chi ha già vinto". I primi ricorsi al tribunale delle acque di Roma di questa ultima tranche si discuteranno già ad aprile. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico