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SAN BENEDETTO Sarà l’inchiesta aperta dalla Capitaneria di porto a chiarire le cause dell’incidente che ha portato, la notte tra mercoledì e giovedì, al naufragio del peschereccio Antonio Padre.
L’imbarcazione di 20 metri della flottiglia sambenedettese con a bordo l’armatore Paolo Mastrangelo e due uomini di origine tunisina - tutti salvi per fortuna - era di ritorno da una battuta quando, per cause in corso di accertamento, ha urtato violentemente la piattaforma Fabrizia 1, a 6 miglia circa al largo di Cupra Marittima colando a picco in pochissimo tempo.
Le ipotesi
Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti ci sarebbe anche quella dell’errore umano. L’imbarcazione infatti, secondo quanto starebbe emergendo, avrebbe urtato uno dei pali della piattaforma dismessa lo scorso anno ma i motivi dell’impatto non sono ancora stati individuati e potrebbero essere oggetto anche di un’altra inchiesta della Procura che può agire d’ufficio. Molto dipenderà dai satelliti e da quanto racconteranno i soccorritori del pescheccio Roberta ai quali è stato concesso di tornare al lavoro dopo aver tratto in salvo i 3 superstiti e dalla testimonianza di questi ultimi che invece per ora senza la presenza di un avvocato, sono stati ascoltati tutta la notte dal comandante della Capitaneria Alessandra Di Maglio e dai suoi uomini.
«Da una prima ricostruzione - spiega la militare - devastante per lo scafo è stata la collisione contro la piattaforma Fabrizia 1, al largo, tra Grottammare e Cupra: un brutto incidente, ma la cosa importante è che nessuno abbia perso la vita.
Il recupero
L’imbarcazione secondo quanto prevede la normativa dovrà essere recuperata a meno che il fondale, 20 metri a quanto è stato calcolato, non sia troppo profondo o le condizioni non siano troppo pericolose per farlo. Le prime operazioni che hanno individuato il relitto si sono svolte all’alba di ieri sfruttando una finestra meteo favorevole: si sono levati in volo i mezzi aerei, navali e subacquei della Guardia costiera che hanno setacciato la zona dell’incidente alla ricerca del relitto e monitorare il tratto di mare per evitare sversamenti di carburante. «Abbiamo una nostra unità - spiegano ancora i militari in una nota - che sta verificando se ci sono situazioni di inquinamento, e c'è stata anche un'immersione dei sub per recuperare il serbatoio e il carburante».
Serbatoio in sicurezza
Mastrangelo, infatti avrebbe dichiarato ai militari che ha messo il serbatoio in sicurezza prima di abbandonare la nave e che comunque non c'era un quantitativo elevato di carburante perché l'unità di pesca era in fase di rientro e quindi era quasi vuoto. Anche l’Eni ha verificato l’assenza di sversamenti anche perché la Fabrizia 1 era dismessa da un anno. Le ricerche sono state condotte dal 1° Nucleo subacquei di San Benedetto a bordo del gommone GC B080, dal gommone GC A15 e dall’elicottero AW139 della Base aereomobili della Guardia costiera di Pescara coordinati dalla centrale operativa del Comando generale del corpo delle Capitanerie di porto.
L’avviso
La Capitaneria di porto ha emanato l’avviso ai naviganti e raccomanda la massima prudenza a tutte le unità in navigazione nella zona interessata dal naufragio.
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Corriere Adriatico