MONTALTO MARCHE - Non basta aver dimostrato serietà, impegno a scuola e integrazione. Bilal, per il semplice fatto che ha compiuto l’altro ieri 18 anni, deve essere...
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«Sono pronta a rischiare una denuncia ma Bilal non si muoverà da qui - spiega Antonella Flati presidente dell’associazione Pronto soccorso famiglie che gestisce la casa famiglia di Montalto Marche - perché la vicenda rappresenta un grave problema che va sollevato, e risolto, a livello nazionale». Bilal è proprio quello che si direbbe un bravo ragazzo. Arrivato dal Pakistan come “minore senza accompagnamento” la sua situazione è diversa da quella di richiedente asilo perché, aggiunge Flati «il Paese dal quale proviene non è nella lista di quelli in guerra e lui è quindi qui, per i prossimi 60 giorni con un semplice “permesso di soggiorno”, a scadenza».
«Quando arrivano i minori non accompagnati - chiarisce Flati - non sappiamo nulla del loro passato. Li accogliamo, è vero, ma è difficile comprendere che tipi sono, fino a quando non passa un po’ di tempo e ci rendiamo conto. Questo è molto pericoloso. Non ci sono rapporti con l’intelligence italiana e, per assurdo, potremmo anche trovarci di fronte a persone pericolose per sé e per gli altri, fino addirittura a giovani terroristi. Non tutti sono come Bilal. La comunità di Montalto delle Marche è però più fortunata rispetto a tante altre perché tra i suoi consulenti ha Antonio Guidi. L’ex ministro per la famiglia - neuropsichiatra infantile - è ovviamente sconcertato della situazione di Bilal e più in generale delle politiche di accoglienza.
«Avevo creato io - spiega Guidi - il servizio di monitoraggio dei minori senza accompagnamento nel 1994, ai tempi del disastro di Chernobyl. Era un servizio organizzato, ora siamo ripiombati nell’emergenza. Invece di preoccuparci che accogliamo persone senza alcun controllo, e quindi ci mettiamo in casa bombe ad orologeria, buttiamo in mezzo a una strada i ragazzi stranieri che invece si sono dimostrati seri e affidabili. Lascaimo tutto a metà in qusto Paese: gli anziani nelle comunità, i diasbili nelle scuole. Non c’è continuità assistenziale, anzi, dopo i 18 anni per giovani come questi, c’è , addirittura, il nulla. E solo per motivi anagrafici». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico