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ASCOLI Nel mondo brilla il nome di un ascolano: Massimo Alberti riceve il premio “L’innovazione che parla italiano” quale riconoscimento dell’alto valore innovativo di startup tecnologiche che operano all’estero e fondate da cittadini italiani. Alberti è fondatore e ceo di Revivo BioSystems, azienda di Singapore specializzata nella combinazione di microfluidica, ingegneria dei tessuti e proteomica per creare dispositivi che riproducono tessuti umani in laboratorio.
La finalità
L'obiettivo è prestigioso: restringere il campo alla sperimentazione animale utilizzando come laboratorio colture di cellule alimentate da un sistema che simula il flusso sanguigno.
Il commento
«È un grande orgoglio. L'emozione è ancora più forte perché questo premio viene dall'Italia» spiega. Classe 1981, nato ad Ascoli, Massimo Alberti sente forte il legame con la sua terra. «Porto sempre Ascoli con me. E racconto sempre a tutti la bellezza della mia città» afferma. Cresciuto in via delle Zeppelle, Massimo è bianconero dalla nascita. «La mia casa era in “via del calcio spettacolo”, tifo per il Picchio. Ma amo molti sport: da piccolo sono stato giocatore di pallamano, oggi mi dedico all'ironman e triathlon». Ad Ascoli le sue origini, i suoi ricordi, le elementari a Borgo Chiaro, le Medie alla Cantalamessa, le superiori al liceo classico Stabili. Poi Massimo molla gli ormeggi: laurea in Ingegneria biomedica al Politecnico di Milano, Dottorato in Danimarca in Micro e nanotecnologie e infine l'approdo a Singapore, nel 2014.
Il segreto
«Non vengo da una famiglia di medici. I miei erano lavoratori con ben chiara l'importanza dell'istruzione - racconta. - Il segreto? Lavoro, sacrificio. E coraggio. Come quello di lasciare Ascoli e andare lontano». Oggi il presente descrive il grande e meritato successo per un genio ascolano, cittadino del mondo. Domani? «Stiamo cercando nuovi finanziamenti per espanderci anche fuori da Singapore. L'obiettivo è aprire filiali in Europa e magari anche in Italia» sostiene. E un giorno farà ritorno a casa, ad Ascoli: «Quando il mio lavoro sarà finito tornerò. Lì c'è il mio cuore».
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Corriere Adriatico