Ricorso straordinario della Covalm a Mattarella per bloccare la realizzazione del biodigestore

Un impianto della Covalm in azione
FORCE - Nuova azione legale contro la costruzione del biodigestore che dovrebbe nascere in località San Salvatore, lungo la Valdaso ad opera della società 4R. La...

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FORCE - Nuova azione legale contro la costruzione del biodigestore che dovrebbe nascere in località San Salvatore, lungo la Valdaso ad opera della società 4R. La società Covalm, che opera nella trasformazione di prodotti orticoli della Vallata dell’Aso, è posizionata proprio al confine, ma nel Comune di Rotella, dell’area dove dovrebbe nascere l’impianto.

 

L'azienda è contraria alla realizzazione del biodigestore. Ha presentato, nei giorni scorsi, un autonomo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, che si aggiunge a quello inoltrato al Tar dai sindaci della Valdaso e ad un analogo ricorso (sempre al capo dello Stato) dell’Associazione tutela e valorizzazione della Valdaso. «È solo il primo passo di una battaglia – rimarca l’azienda - che vedrà Covalm in prima fila a fianco della popolazione e delle istituzioni che si battono per la salvaguardia dell’ambiente e del territorio, legati da comuni interessi con le attività imprenditoriali agricole. L’impianto, sovradimensionato rispetto alle reali necessità della popolazione, comporterà uno stravolgimento della situazione ambientale con conseguenze non solo sulla salute umana e sul territorio, ma avrà anche un forte impatto sulle altre attività lavorative e occupazionali. Covalm è una cooperativa di agricoltori che produce e trasforma prodotti agroalimentari surgelati del territorio ed è fonte di occupazione, diretta e indiretta, di oltre 200 famiglie di lavoratori che nella zona difficilmente troverebbero altri sbocchi occupazionali».

Ancora la Covalm. «È imprescindibile salvaguardare la propria salute e la propria fonte di sostentamento messa oggi in pericolo dalla realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti a soli 300 metri a monte dello stabilimento. Avere accanto ad una impresa alimentare un impianto di trattamento rifiuti comporta anche il reale rischio di non ottenere le necessarie certificazioni per presentarsi ai clienti e ai mercati. Riconoscimenti qualitativi e di salubrità ottenuti in tanti anni di lavoro, impegno e a fronte di ingentissimi investimenti, l’ultimo, ancora in corso, per oltre 8 milioni di euro. Anche il più piccolo sversamento nelle falde acquifere o nel vicino fiume Aso, comporterebbe l’immediata chiusura dello stabilimento e la perdita di tutta l’occupazione». 

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Corriere Adriatico