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ASCOLI - Una statuetta attribuita a Michelangelo, il ritrovamento in un monastero del Libano, l’esoterismo fra la Tetraktys e il canone della perfezione, intrighi e colpi di scena, tra massoneria e ‘ndrangheta, una lunga contesa legale. Sembra un romanzo degno di Dan Brown, è invece la storia di un crocifisso di legno di appena 40,2 centimetri attribuita al genio toscano. Ora la vicenda pare arrivata a conclusione.
La storia
Scomparso per secoli, il Cristo fu ritrovato nel 1979 nel monastero libanese di Ain Trez dal patriarca di Antiochia e d’Oriente, fu portato in Italia dall’ambasciatore Giacomo Maria Ugolini, infine il passaggio al suo braccio destro Angelo Boccardelli.
Carte bollate
Non mancano altre vicissitudini: l’opera trova riparo in una cassetta di sicurezza di un caveau di San Marino. Esplode la contesa tra Italia e Titano. Cinque anni fa la procura di Rimini fa richiesta di dissequestro e restituzione allo Stato italiano e a Boccardelli. L’avvocato Ciabattoni trova un accordo, anche con il vescovo Giovanni D’Ercole, per esporre la statuetta in legno di bosso nel Battistero di Ascoli. Tutto si arena però a causa di un provvedimento di confisca emesso dal gip di Rimini, annullato poi con rinvio dalla Corte di Cassazione a seguito di ricorso. Nel giudizio di rinvio si costituisce il Ministero della Cultura, insistendo nella richiesta di confisca. Dopo 13 anni, il Cristo torna a Boccardelli dopo due perizie nell’ambito dell’incidente di esecuzione. Il pm annuncia che non farà ricorso, si attende la decisione del Mic: 15 giorni per impugnare il provvedimento. «Siamo felici di aver vinto questa lunga e difficile controversia – spiega l’avvocato Ciabattoni -. Per Boccardelli il Cristo ricorda il suo amico Ugolini e le vicende di cui furono protagonisti. A me resta la soddisfazione professionale, il ricordo di tante storie somiglianti alla trama di un film e l’onore di aver toccato la scultura». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico