Il Cristo in legno attribuito a Michelangelo al centro di un intrigo internazionale: il ministero cerca di riportarlo in Italia

L'opera
ASCOLI - Una statuetta attribuita a Michelangelo, il ritrovamento in un monastero del Libano, l’esoterismo fra la Tetraktys e il canone della perfezione, intrighi e colpi di...

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ASCOLI - Una statuetta attribuita a Michelangelo, il ritrovamento in un monastero del Libano, l’esoterismo fra la Tetraktys e il canone della perfezione, intrighi e colpi di scena, tra massoneria e ‘ndrangheta, una lunga contesa legale. Sembra un romanzo degno di Dan Brown, è invece la storia di un crocifisso di legno di appena 40,2 centimetri attribuita al genio toscano. Ora la vicenda pare arrivata a conclusione. 

 
La storia
Scomparso per secoli, il Cristo fu ritrovato nel 1979 nel monastero libanese di Ain Trez dal patriarca di Antiochia e d’Oriente, fu portato in Italia dall’ambasciatore Giacomo Maria Ugolini, infine il passaggio al suo braccio destro Angelo Boccardelli. L’ombelico al centro dell’opera risponde ai canoni pitagorici della Tetraktys: come quello dell’uomo vitruviano, riproduce la sezione aurea e la successione di Fibonacci. Dieci anni fa ecco l’attribuzione. «Dopo aver esaminato con cura il Cristo non avevo più dubbi sull’appartenenza dell’opera al Michelangelo» dichiarò il professor Heinrich Wilhelm Pfeiffer, uno dei maggiori esperti delle opere del Buonarroti. Negli anni poi si mescolano anche storie di massoneria e malavita. Boccardelli viene arrestato e condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Difeso dall’avvocato ascolano Francesco Ciabattoni, la condanna è annullata in Cassazione, poi è assolto “perché il fatto non sussiste”. 


Carte bollate


Non mancano altre vicissitudini: l’opera trova riparo in una cassetta di sicurezza di un caveau di San Marino. Esplode la contesa tra Italia e Titano. Cinque anni fa la procura di Rimini fa richiesta di dissequestro e restituzione allo Stato italiano e a Boccardelli. L’avvocato Ciabattoni trova un accordo, anche con il vescovo Giovanni D’Ercole, per esporre la statuetta in legno di bosso nel Battistero di Ascoli. Tutto si arena però a causa di un provvedimento di confisca emesso dal gip di Rimini, annullato poi con rinvio dalla Corte di Cassazione a seguito di ricorso. Nel giudizio di rinvio si costituisce il Ministero della Cultura, insistendo nella richiesta di confisca. Dopo 13 anni, il Cristo torna a Boccardelli dopo due perizie nell’ambito dell’incidente di esecuzione. Il pm annuncia che non farà ricorso, si attende la decisione del Mic: 15 giorni per impugnare il provvedimento. «Siamo felici di aver vinto questa lunga e difficile controversia – spiega l’avvocato Ciabattoni -. Per Boccardelli il Cristo ricorda il suo amico Ugolini e le vicende di cui furono protagonisti. A me resta la soddisfazione professionale, il ricordo di tante storie somiglianti alla trama di un film e l’onore di aver toccato la scultura». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico